Privacy Policy I figli della cenere di Francesca Bertuca - Recensione - The Serendipity Periodical

I figli della cenere di Francesca Bertuca – Recensione

I figli della cenere di Francesca Bertuca

I figli della cenere di Francesca Bertuca - Recensione
Figli della cenere – Cover

 

Sulla nuova Eurasia, devastata dalla guerra nucleare, piove cenere e i cieli sono oscurati da secoli. Nessuno ricorda i veri motivi che hanno portato al conflitto, né cosa fossero le armi da fuoco o l’energia elettrica. Le cause della rovina sono attribuite alla furia del dio Unico e si crede che solo la venuta di due anime pure, il Corsiero e la Bella, potrà riportare il mondo agli antichi splendori. Alla nascita di Lilienne, erede al trono di Reine, il sole torna a splendere sull’Europa dell’ovest e il re innalza un muro invalicabile per respingere le orde dei miserabili dell’est. Ventidue anni dopo, mentre i potenti di Varsavia e Hanstad si contendono la Bella, Alec, un giovane fabbro, sogna di valicare il Muro con il fratellino malato. Quello che tutti ignorano è che il suo obiettivo non è Reine, bensì giungere fino alla costa, dove lo attendono dei vascelli che conducono in una «terra promessa» al di là del mare. Le sue speranze dovranno però scontrarsi con la dura realtà: l’antica guerra tra Russia e America non è affatto terminata e lui sta per esserne travolto.

Queste prime righe sono la sinossi del primo volume del romanzo fantasy Figli della cenere, di Francesca Bertuca, edito da Dark Zone, edizione 2020.

La giovane autrice ligure, propone un romanzo dai toni distopici, ambientato in un futuro lontano, ma non si sa davvero quanto dati i casuali riferimenti alla cultura pop contemporanea, ma che sembra un ritorno al medioevo. Un futuro dove regnano re e principesse, convivono caoticamente fabbri e ribelli, e non mancano atti eroici e azioni incoscienti da personaggi a cui è negato l’accesso alla cultura, alla libertà. La storia inserisce subito il lettore in una terra fantastica, offuscata da una pioggia costante di cenere, che se da un lato fornisce a dei fortunati eletti tutto ciò di cui hanno bisogno, dall’atro porta alla fame e alla ribellione gli altri nati dal lato sbagliato della società. Qui, i figli della cenere non lo sanno, ma non sono altro che casuali sopravvissuti a una catastrofe innaturale che l’uomo con le sue azioni egoiste ha causato e da cui in realtà non ha mai potuto liberarsi.

Sono diversi gli elementi di sorpresa di questo romanzo.

Innanzitutto, la scorrevolezza della narrazione, che nei fantasy firmati da autori italiani non è all’ordine del giorno. Francesca propone una narrazione corposa ma non pomposa, percezioni precise ma non eccessivamente verbose, crea un ambiente del tutto naturale dove lo spazio all’immaginazione è ampio, ma il lettore è accompagnato per la mano da una descrizione scorrevole e precisa. La vera sorpresa del romanzo, sta però nel numero di prospettive diverse che l’autrice ha deciso di inserire. La storia infatti cambia prospettiva e percezione alla fine di ogni capitolo. Questo dà la possibilità al lettore di non affezionarsi alla visione della realtà di un singolo protagonista, ma di avere una visione più ampia della distopia proposta. Inoltre, il lettore è accompagnato in questo romanzo nella lotta contro i nemici visibili e quelli invisibili. Conosce il dolore, la durezza che maschera fragilità, la sofferenza di un uomo che ha perso tutto, di una donna a cui viene strappata via la libertà, di un padre pentito, di una sovrana in rovina, e di altri personaggi che sono e restano figli della cenere, in una guerra che la storia definisce conclusa, ma che continua a mietere le sue vittime. Un testo impegnativo, su cui riflettere, ma che non annoia perché ricco di cambi. Gli ideali dei suoi personaggi sono diversificati, le loro azioni si giustificano senza sovrapporsi. I riferimenti a un mondo contemporaneo che abbiamo conosciuto sono quasi delle easter egg da ricercare. Lo stampo storico che spicca dal sottofondo della narrazione potrebbe certamente rendere I figli della cenere una buona sfida letteraria anche per chi non è abituato o appassionato al genere.

 

Recensione di

Martina Russo

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