Privacy Policy Come si arriva a parlare di Musical? Parte III - The Serendipity Periodical
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Come si arriva a parlare di Musical? Parte III

Cinema all’inizio del ‘900

Si inizia a parlare concretamente di case di produzione cinematografica alla fine del primo ventennio del ‘900, subito prima della grande depressione ai cinque nomi più grandi dell’epoca –e ben noti tuttora- Warner Bros, RKO, 20th Century Fox, Metro-Goldwyn-Mayer Paramount Pictures si affiancavano le tre case di produzione minori, Universal Picture, Columbia Pictures United Artist.

Musical VS film sonori

Mentre la Warner Bros produce i primi due film con sonoro, Don Juan (1926) che non conteneva dialoghi, ma era accompagnato da una traccia sonora, e The Jazz Singer (diretto da Alan Crosland 1927) con traccia audio e dialogo, il teatro continua indisturbato a proporre musical di successo. Come Show Boat, nel 1927, il musical in due atti composto da Jerome Kern, prodotto da Ziegfield e ben noto per il suo impeccabile libretto e per le musiche straordinarie inizia il suo tour ed è un successo. Niente del genere era mai stato portato a Broadway. La sera della prima il silenzio del pubblico a fine spettacolo aveva terrorizzato Ziegfield, che aveva temuto un profondo insuccesso del progetto, ma si sbagliava: le recensioni furono estremamente positive, e le code ai botteghini inimmaginabili.

Purtroppo, non è tutto oro quel che luccica

Nel 1929 il crollo di Wall Street diede inizio alla Grande Depressione, un periodo di grande disagio economico che mise a rischio tanto il teatro americano, quanto il cinema. La produzione di musical da entrambe le direzioni si ridusse per esigenze economiche. Ciononostante, agli inizi del 1930/1931 il musical di Broadway iniziò la sua ripresa. Dopotutto, non poteva che trattarsi di una calata temporanea, dal momento che il musical aveva qualcosa che nessun altro genere teatrale avrebbe mai avuto:

“The musical theatre – the most opulent, escapist, extravagant, and unabashedly commercial form of the theatre – could not hide from what was going on. Of course, it could still provide relief from reality. It could still offer evenings of mirth and song and glamour. But it showed a growing awareness of its own unique ability to make telling comments on such issues of the day as the folly of war, municipal corruption, political campaigns, the workings of the federal government, the rising labor movement, the dangers of both the far right and the far left, and the struggle between democracy and totalitarianism. It discovered that a song lyric, a tune, a wisecrack, a bit of comic business, a dance routine could say things with even more effectiveness than many a serious minded drama simply because the appeal was to a far wider spectrum of the theatergoing public.”

Tra il 1930 e il 1935, i fratelli Gershwin portarono in scena sei musical, due dei quali di scarso successo, e quattro estremamente popolari, sulla scia di Show BoatStrike up the Band (1930), Girl Crazy (1930), Of Thee I Sing (1931), che ottenne il premio Pulitzer per il teatro, e Porgy and Bess (1935).

Da est a ovest

Negli stessi anni una forte migrazione di talenti da Broadway verso Hollywood, che andò a favore delle grosse case di produzione, le quali avendo ora a disposizione il suono, e una grande necessità di riprendersi dalla crisi economica, erano alla ricerca di attori che sapessero recitare, ma anche cantare. Nel 1929 il primo proto-musical cinematografico dal successo discutibile, The Broadway Melody, firmato MGM, aveva già suggerito l’espressione All talking, all singing, all dancing! che divenne praticamente il motto di Hollywood.

Musical cinematografico e teatrale

Cinema e teatro camminavano sempre più di pari passo e gli spettatori, che stavano lentamente ricominciando a frequentare cinema e teatri, iniziarono a pretendere sempre maggiore impegno da parte delle case di produzione maggiore.La Disney produsse non con pochi sforzi il suo primo lungometraggio Snow White and the Seven Dwarfs, la 20th Century Fox assunse Shirley Temple,una bomba a orologeria di sei anni dal grande talento. La Warner Bros presentò nel 1933 il film varierà 42nd- Street, la MGM si diede a scenografie e costumi sfarzosi, la Paramount andò alla riceca di divi. RKO si affidò totalmente a Fred Astaire, veterano della casa di produzione, che ottenne il ruolo di protagonista in Flying Down to Rio, nel 1933 e, in seguito, scelse la bionda Ginger Ross come partner. Il talento, e l’incredibile alchimia che c’è tra i due li rende la coppia di artisti per eccellenza, sfavillanti in produzioni cinematografici come Carioca (1933),Shall we Dance (1937),Carefree (1938),The Story of Vernon and Irene Castle (1939).

E l’innovazione, la fatica, l’investimento per il successo non finiscono, né sono destinati a finire. Con gli anni ‘40 e ’50 si ritorna finalmente al periodo fiorente che il musical americano tanto meritava. A teatro la rivoluzione del musical iniziata da Show Boat è completata dal musical Oklahoma, di Rodgers e Hammerstein. 2.212 repliche, ripreso in un film cult successivamente, vincitore del premio Pulitzer. I personaggi sono definiti, le musiche sono perfette, lo sviluppo del prologo è perfettamente armonizzato con le musiche e le coreografie sono da far girare la testa. Dopo uno spettacolo del genere qualsiasi altro musical precedente manca di qualcosa e risulta incompleto. Nel cinema i successi a nome MGM non si contano più, e anche lì il rapporto tra il lavoro sullo spessore del personaggio, in relazione ed armonia con la narrazione, la danza, il canto e gli elementi sensazionali era ormai perfettamente funzionale.

La lista di successi in quel ventennio è talmente lunga

Citandone solo alcuni, arriva il successo per Cover girl (1944) State Fair (1945) Kiss me Kate (1948), Cinderella (1950), An American in Paris (1951), Singing in the Rain (1952) The Sound of Music (1954), My Fair Lady (1957) e molti altri musical. C’è però ancora un passo da compiere nella storia del musical: Jerome Robbins, coreografo e danzatore, nel 1957 ideò, diresse e coreografò West Side Story, su musiche di Leonard Bernstein. La danza, concepita come un ballo atletico, vera e propria energia fisica, diventò parte imprescindibile e integrante della storia narrata, in quanto espressione simbolica delle tensioni esistenti tra due bande di ragazzi, in lotta per la conquista del West Side. West Side Story fu per molti aspetti un punto di non ritorno nella storia del musical, anche perché sancì definitivamente la necessità per gli interpreti di possedere un talento poliedrico, che permettesse contemporaneamente di recitare, cantare e danzare.

Dagli anni 50 agli anni 60

C’è un motivo per cui è così importante arrivare passo dopo passo a parlare dell’ultima rivoluzione del musical da parte di West Side Story: il fatto è che da questo momento, in cui si chiude con gli anni ’50 e iniziano i “favolosi” anni ’60, i confini del musical si allargano, si incomincia a parlare di Rock Music. Cade la censura imposta nel 1737 e questo, oltre a liberare i musical dai tabù dell’epoca, porta anche allo sviluppo dei teatri Off-Broadway –o semplicemente Teatri Off- aperti ad autori nuovi, economici, pratici, piccoli, insomma, luoghi perfetti per la sperimentazione. Questo genere verrà inserito in moltissimi musical moderni, primo tra tutti Hair!,che oltre all’apertura al nuovo genere musicale si apre al tema della nudità e propone di dare pareri personali, forse controversi, alla tematica della guerra in Vietnam, al razzismo e altre problematiche sociali.

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