Privacy Policy Intervista a Nicholas Francucci. Il Dolore è un Onere: una raccolta di poesie - The Serendipity Periodical
Intervista a Nicholas Francucci. Il Dolore è un Onere: una raccolta di poesie

Intervista a Nicholas Francucci. Il Dolore è un Onere: una raccolta di poesie

Il Dolore è un Onere, la raccolta di poesie di Nicholas Francucci, autore Tiburtino esordiente.

Il Dolore è un Onere, la raccolta di poesie di Nicholas Francucci, autore Tiburtino esordiente, è un viaggio introspettivo dalle tinte forti, specchio di un poeta maledetto che narra dei fatti della vita con un linguaggio diretto ed efficace. Nella sua semplicità, i versi non mancano di uno stile ricercato che dona musicalità ad ogni piece.

Pesci bendati in un mare di niente:

questi i poeti, oggi.

Carne, vene, sangue e umanità: questi alcuni dei topoi ricorrenti che fanno sentire il lettore umano, fragile e vulnerabile. Il Dolore è un Onere è una raccolta di poesie che presenta la debolezza umana legata alla caducità della vita. Senza indugio, il poeta mette il lettore davanti alla realtà nuda e cruda. La realtà è così, prendere o lasciare.

L’esperienza che si incontra nella lettura di quest’opera è di tipo sensoriale. Ogni pezzo evoca colori nella mente di chi legge: rosso, bianco, nero, blu… Una incredibile moltitudine di nuances che si lega alle parole, creando uno stile narrativo originale.

Uno dei temi ricorrenti della raccolta, se non il più prepotente, è quello del mare; le poesie di stampo marinaresco permettono al lettore di immaginare il poeta che scrive come una sorta di “pirata letterato“, che si veste di saggezza popolare. Una saggezza che solo un uomo di mare può avere. Nicholas è abilissimo in questo. Un poeta contemporaneo che sembra essere vissuto ai tempi di Sir Francis Drake.

Non ha senso superare i confini del mare

se poi si dimentica cosa sia navigare:

l’imbarcazione

vale più del viaggio.

Il tema marinaresco-piratesco è a te molto caro. Da dove nasce questa passione?

N: È strettamente legato alla musica, la mia prima passione. Ho iniziato a cantare grazie ai cori marinareschi che ho trovato qua e là sul web. Poi ho approfondito la conoscenza di quel mondo, che tanto mi sembrava libero, leggendone la storia. A quel punto sono rimasto folgorato. I pirati, per me, rappresentavano la vita intera nelle sue molteplici sfaccettature. Non avevano un punto di riferimento fisso, erano diversi fra loro e diversi da tutti. Alcuni erano eroi romantici, altri dei semplici criminali. Insomma, mi ripeto: erano liberi.

S: Nella tua raccolta sono molti i temi ricorrenti, come l’amore carnale, che ho trovato soprattutto ne „I tuoi graffi sulla mia schiena“, la vita e la morte, presenti in „Presagi di morte“ l’artista maledetto tema cardine in “Siamo demoni, siamo ombre. Siamo degni di un nome“ e „Il poeta spiega lezioni che non imparerà mai“.

S: Ho citato solo alcune delle tue poesie, mi piacerebbe, però esplorare più a fondo questi temi con te. Ti va di parlarcene?

N: L’amore carnale è e sarà sempre un tema ricorrente nelle mie poesie. E lo dico un po’ a malincuore, lo ammetto (…). Un mio amico diceva che la passione, anzi l’amore è „qualcosa di violento“. Come un’onda che ti investe e non puoi farci nulla. Ad oggi invidio queste parole, perché la maturità porta con sé tranquillità, forse troppa.

Tranquillità che difficilmente uno vive quando si esibisce dal vivo, in qualità di musicista. Infatti, nel caso della poesia d’apertura del libro, mi faccio prendere dai proverbiali cinque minuti (…), lasciando spazio a uno sfogo personale che vuole rappresentare un’intera classe di „lavoratori non lavoratori“, ovvero gli emergenti.

Vita e morte, in questo calderone di emozioni ed esperienze, si impongono come tesi e antitesi. Un contrasto infinito, una lotta interiore continua. Un faticoso contatto con l’eterno, se vogliamo.

S: Questi temi sono accompagnati da elementi ricorrenti, quali la carne, il sangue, l’aqua, lacrime e il mare. Quale è il legame tra loro?

N: „Carne“ e „sangue“ li uso spesso come dei veri e propri sinonimi. Sono strettamente collegati alla passione, forse anche al suo lato negativo e opprimente. È chiaro che il libro abbia delle tinte scure, quasi cupe. Ma queste trovano una soluzione nel mare, nelle lacrime versate, nell’acqua. Ciò che fluisce può cambiare forma; difficilmente si disintegra. Quindi, alla fin fine, il messaggio è positivo. C’è una speranza, una luce in fondo al tunnel. Le cose vanno affrontate, digerite, ma soprattutto accettate. Perchè (perdona l’autocitazione) il dolore è un onere da sopportare.

S: Mi piace molto questa visione. L’acqua è qualcosa di mutevole, ma anche un elemento che si adatta, che prende la forma del contenitore in cui viene a trovarsi. Può ristagnare, ma anche fluire libera e questo fluire libero mi fa pensare al tuo stile. Ti va di dirci di più al riguardo?

N: Forse dirò una banalità, ma non credo di avere uno stile preciso. O meglio, penso di esserne alla continua ricerca. In un certo senso, questo calza a pennello con il discorso dell’acqua. Posso cambiare continuamente „contenitore“, ma sono sempre io a scrivere. Ho costruito le mie basi grazie a Pablo Neruda e Alda Merini. Ho sviluppato una vera e propria passione leggendo Patrizia Cavalli, Nika Turbina e Jacques Prévert. Oggi mi diletto con gli Haiku di Basho. Insomma, un vero casino, se mi passi il termine. Ma è un „bel“ casino, in cui mi ritrovo facilmente.

S: Nonostante sia una raccolta di poesie, si nota come sembra esserci un protagonista all’interno delle pagine de Il Dolore è un Onere di Nicholas Francucci. L’opera si presenta come l’autoconfessione del poeta stesso, che segue un filo logico mentre canta dei fatti della vita, delle esperienze che gli accadono e che si susseguono con un ritmo ferrato. Le poesie non sono scollegate, bensì collegate da un fil rouge che spinge il lettore a terminare la raccolta in un sol fiato. Potrà sembrare azzardato, ma oserei definire l’opera di Francucci “poesia narrativa“. In questo senso, viene a percepirsi anche la crescita interiore del protagonista che nelle ultime poesie, senza colpo ferire, ci dice:

“Crescere è una triste comodità.”

S: Credi nella crescita personale del protagonista? E, soprattutto, ci sarà una nuova raccolta ad accoglierlo?

N: La tua analisi è spaventosamente azzeccata! Il protagonista c’è, è tangibile, condivisibile, ma è chiaro che si ispiri (in parte) alle mie vicende personali. Parlando di lui (e non di me), possiamo vedere il concetto di „maturità“ come qualcosa di complesso. Ovvero una rinuncia troppo grande, tipica nelle menti perlopiù infantili. Il protagonista non sa ancora quali pesci pigliare. È distrutto da un dolore del quale dovrà farsi carico. Diciamo che, se volessimo classificare e riassumere il tutto, potremmo identificarlo nella fase di accettazione. Ed è qui che il libro trova il suo finale, per l‘appunto: nella accettazione del dolore. Gli si dà una forma, lo si carica in spalla. Per andare „avanti“ bisogna prima avere i mezzi… Ho da poco concluso una seconda raccolta, comunque, dedicata allo stesso personaggio.

S: Fantastico! Come si evolve il discorso poetico dalla tua prima raccolta alla seconda raccolta che hai in programma di pubblicare?

N: „Di Narcisi e Paranoie“ (questo il nuovo titolo) ha un linguaggio chiaro, diretto, forse meno „maledetto“ rispetto al primo libro. Il protagonista qui sta crescendo, s’è fatto carico del suo dolore. Ma è spaesato. Sta affrontando le novità che la vita ha da offrirgli con un piglio vagamente apatico. Quella „anestesia emotiva“ di cui aveva paura sta lentamente prendendo il sopravvento. Non faccio spoiler sul finale! Posso dirti che il mood totale del libro è dolceamaro, forse meno „violento“ del primo. Spero di pubblicarlo presto!

Nicholas Francucci

Volete saperne di più su Nicholas Francucci? Date uno sguardo al suo contatto instagram: https://www.instagram.com/tallaro_/

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