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Le Supplici di Eschilo: la legge non scritta dell’accoglienza

Le Supplici di Eschilo: la legge non scritta dell’accoglienza

Ritenuta una delle più antiche tragedie di Eschilo, Le Supplici è stata presentata, probabilmente, durante l’edizione delle Dionisie del 463 a. C. Durante queste celebrazioni, sappiamo che ogni autore tragico presentava, all’interno di una competizione, una trilogia tragica e un dramma satiresco. Alle Supplici, quindi, sarebbero seguite due tragedie ad essa legate: Gli Egizi e Le Danaidi, andate perdute.

L’antefatto della vicenda

Danao ed Egitto erano due gemelli che condividevano la sovranità del regno d’Egitto. Il primo aveva avuto 50 figlie e il secondo 50 figli, che adesso pretendevano di sposare le cugine e, quindi, di unirsi carnalmente a loro. Le 50 donne, chiamate collettivamente Danaidi (ovvero, figlie di Danao), scelgono di fuggire insieme al padre dall’Egitto, cercando asilo ad Argo, in Grecia.

Supplici, esuli, indomate

«Siamo esuli in fuga» annunciano le Danaidi, poco dopo l’apertura della scena. La collettività del loro grido d’aiuto è espressa nella forma del Coro, che rende le tante voci di donna un’unica voce, perché unica è la loro sofferenza e unico sarà il loro destino. Questo canto unanime racconta allo spettatore che la loro scelta è stata necessaria, ma non semplice: i cugini daranno loro la caccia anche in capo al mondo, e per sfuggirgli, le giovani donne sono disposte anche a togliersi la vita, in un gesto estremo che le renderebbe definitivamente libere e mai più «schiave di maschi».

Le Supplici (2016) – credits: informareonline.com

L’incontro con lo straniero

Ma la possibilità di rifugiarsi in terra greca dipende in primo luogo da coloro che questa terra la abitano, gli Argivi. Ed ecco che assistiamo all’incontro tra le esuli e Pelasgo, re della città. Analizzando i loro opposti punti di vista, abbiamo un quadro chiaro dell’approccio alla diversità e all’ospitalità da parte dei nostri personaggi. Prendiamo, in primo luogo, il punto di vista del forestiero:

Tutti sono pronti a biasimare chi parla una lingua straniera.

Danao è consapevole del fatto che l’aspetto e il linguaggio propri e delle donne potrebbero mettere sulla difensiva i propri ospiti. Infatti, la prima cosa che suggerisce alle figlie è di mettere bene in mostra le «candide bende delle supplici», così che l’ospite possa subito riconoscere la loro richiesta di accoglienza. Inoltre, suggerisce loro di usare parole non arroganti, uno sguardo e un volto tranquilli. Solo così potranno garantirsi l’ascolto da parte dello straniero.

Le Supplici (2016) – credits: indafondazione.org

Allo stesso modo, la diversità tra sé e le esuli è subito notata da Pelasgo:

Da dove mai viene questa gente non greca, che si ammanta di pepli barbari e di turbanti?

Come leggiamo, la prima cosa che riconosce il suo occhio è la differenza di abbigliamento tra greci ed egizi. Dirà che esse hanno proprio l’aspetto di donne libiche, che non assomigliano per niente alla gente del posto. Inoltre, nel corso dell’opera, Pelasgo sottolineerà sempre la distinzione tra «noi», il proprio popolo, e «voi», gli stranieri. Solo dopo aver dichiarato la propria discendenza, che deriva direttamente da Zeus, le Supplici avranno diritto di essere ascoltate.

La legge non scritta dell’accoglienza

Molte condizioni pendono a sfavore delle Supplici, nel momento in cui Pelasgo deve decidere se accordare loro l’asilo nella propria terra: prima fra tutte, la possibilità che i cugini egiziani possano entrare in guerra con gli Argivi, imponendo la propria volontà di riprendersi le donne. Ma una cosa sola, e più grande di tutti, peserà sulla sua decisione: non si può rifiutare ospitalità a chi la implora, perché l’ospite è sacro a Zeus, e le ripercussioni che deriverebbero dal negare la sua legge sarebbero migliaia di volte peggiori rispetto alla prospettiva di una guerra.

Le Supplici (2016) – credits: indafondazione.org

In una contemporaneità che partorisce leggi, decreti, confini murati e militarizzati, per tenere lontano l’esule e lo straniero, più di duemila anni fa Pelasgo ci dava una lezione di priorità: la legge dell’accoglienza, legge divina e inviolabile, così naturale che non necessitava di essere scritta su tavolette di pietra, era superiore alle leggi scritte degli uomini.

BIBLIOGRAFIA

Eschilo, le tragedie, a cura di Monica Centanni, Arnoldo Mondadori Editore, I edizione I Meridiani, Milano, 2003

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