Privacy Policy Emerson tra Baudelaire e Rimbaud - Parte I - The Serendipity Periodical
Emerson tra Baudelaire e Rimbaud - Parte I

Emerson tra Baudelaire e Rimbaud – Parte I

Vedere dentro di sé, catapultarsi nell’ignoto, ricercare la bellezza e dare origine al nuovo

«Our age is retrospective. It builds the sepulchres of the fathers »[1]. Inizia così Nature, una delle più grandi opere dell’americano Ralph Waldo Emerson. Mi domando, allora, perché non confrontare il suo pensiero con ciò che, esattamente in quegli stessi anni, avveniva nella vecchia Europa, e più precisamente in Francia, luogo in cui nacquero molti padri della letteratura, dove molte delle più grandi opere letterarie e filosofiche di tutti i tempi hanno avuto origine? Leggendo alcuni saggi di Emerson, mi sono resa conto di come il suo pensiero è affine a quello di Baudelaire, Rimbaud e molti altri autori a lui contemporanei, e così come questi cerca di spronare la sua generazione, affinché si crei qualcosa di nuovo, di autentico, invitando ogni uomo a scrutare dentro di sé, allo stesso tempo anche in Francia e poi, in gran parte d’Europa, si inizia a percepire il vento del cambiamento: lasciare alle spalle la tradizione letteraria del passato e iniziare a sentire e a “sapere con tutta l’anima.”

Emerson tra Baudelaire e Rimbaud - Parte I
Ralph Waldo Emerson

Ovviamente, ciò ha comportato dei netti capovolgimenti – che culminano nelle avanguardie novecentesche- non solo nel modo di concepire l’arte, ma anche nell’uso delle parole, nel modo di intendere il linguaggio, nel ruolo dello scrittore e del lettore. Il mio intento è, dunque, quello di mettere a confronto le maggiori opere di Emerson con il pensiero dei rivoluzionari francesi, i quali, come lui, invitavano alla ricerca della bellezza e della verità, per ambire a dare origine a qualcosa di nuovo e di originale, che provenisse dal genio che si può svegliare in ognuno di noi, abbandonando tutto ciò che era stato fatto fino ad allora.

La ricerca della bellezza

Uno dei concetti fondamentali di tutto il pensiero emersoniano, che dobbiamo sempre tener presente, è la stretta connessione tra l’uomo, la natura e lo Spirito (la Over-Soul ). Ciò implica che ogni creatura terrestre sia collegata a Dio, che risiede in ogni cosa, persino nella parte più intima di ogni uomo, e quindi “ through insight a universal sense of beauty that belongs to all mankind can be reached.” [3] La bellezza può essere colta da ogni individuo, ma da dove proviene questa bellezza e perché è tanto importante? Leggendo le prime pagine di Nature, Emerson afferma che gli elementi presenti in natura suscitano forti impressioni e sensazioni nell’uomo, e sebbene essi non possano essere realmente posseduti dall’uomo, a contatto con la natura egli avverte un forte senso di beatitudine :

« The stars awaken a certain reverence, because though always present, they are always inaccessible; but all natural objects make a kindred impression, when the mind is open to their influence.[…] The flowers, the animals, the mountains, reflected all the wisdom of his best hour, as much as they had delighted the simplicity of his childhood. When we speak of nature in this manner, we have a distinct but most poetical sense in the mind. We mean the integrity of impression made by manifold natural objects. It is this which distinguishes the stick of timber of the wood-cutter, from the tree of the poet.[…] In the presence of nature, a wild delight runs through the man, in spite of real sorrows.».[4]

Poco più avanti, l’autore sostiene che questa beatitudine di cui parla deriva da un nodo inscindibile che lega l’uomo alla natura, poiché essa indossa sempre i colori della nostra anima, pertanto “the power to produce this delight, does not reside in nature, but in man, or in a harmony of both.”[5] Cavell, in uno dei suoi saggi, raccolti in Emerson’s Trascendental Etudes, spiega come nella concezione emersoniana ciò che di più intimo abbiamo fa parte dell’universo, il quale è separato da noi, ma allo stesso tempo ci appartiene: non possiamo possederlo, ma la nostra vita è parte di esso, si origina da esso e a esso torna. [6] Ciò vuol dire che, se in ogni uomo vi è del divino, allora ognuno ha la possibilità di scorgere la magnificenza, il bene, la verità che è dentro di sé, per cercare di dar vita a qualcosa di autentico ed estremamente vero. Difatti, soltanto stando a contatto con la natura si origina la nostra conoscenza, perché solo osservandone la bellezza si desta il genio dormiente in ognuno di noi. [7]

Nella terza sezione di Nature, Emerson parla più propriamente del concetto di bellezza

come uno dei più nobili bisogni umani soddisfatti dalla natura.8 Osservando il cielo, le montagne, un’alba, un tramonto, sorge nell’uomo un piacere spontaneo, dovuto al fatto che la natura è gradevole all’occhio di chi la osserva. La percezione delle forme naturali è fonte di gioia, soprattutto per coloro, i quali, stanchi delle fatiche quotidiane, a contatto con la natura ritrovano se stessi: “ to the body and the which have been cramped by noxious work or company, nature is medicinals restores their tone.” [9] Pertanto, l’incanto della bellezza raggiunge la nostra anima e la natura “deify us with with a few and cheap elements!” [10]

Allo stesso tempo, Emerson ci avverte che la bellezza è un qualcosa di spontaneo e semplice

che non va ricercato con avidità, altrimenti la sua importanza e il suo significato si vanificano nell’aria. È semplicemente stando immerso nella natura, cogliendo il mondo che è dentro di sé, che l’uomo può essere pervaso dall’incanto. Perché è tanto importante sentire e vedere la bellezza che ci inonda l’anima? Perché è soltanto quando essa diventa oggetto dell’intelletto, che l’uomo crea la vera arte, che Emerson definisce come “ a nature passed through the alembic of man.” [11] Dunque, l’arte prende vita dalla bellezza della natura che passa attraverso l’uomo. Ciò significa che la bellezza della natura non va solamente contemplata, ma deve ricrearsi nella nostra mente, attraversarla, per poter generare qualcosa di nuovo. [12] Pertanto, si può affermare, allora, che la vera arte non è e non deve essere una mera imitazione della tradizione passata, né ergersi sulle fondamenta degli avi, come Emerson dichiara nell’introduzione di Nature, ma è creazione dal nulla, attraverso la bellezza che riusciamo a scorgere simultaneamente nella natura e dentro di noi.

Questa stessa idea di arte come creazione dal nulla

autentica, intima e personale, nasce e si diffonde negli stessi anni anche in Francia. Molti dei grandi poeti contemporanei a Emerson, come Baudelaire, Rimbaud, iniziano ad avvertire il bisogno di un rinnovamento, la necessità di distaccarsi dalla tradizione e di iniziare a creare una vera arte, che venga dai più profondi meandri dell’anima. Pertanto, si inizia a concepire la poesia non più come imitazione, fabbricazione, ma creazione spontanea, la quale deve realizzarsi simultaneamente nella forma e nel significato, che si compenetrano. Difatti, come spiega Rousset, il termine poesia deriva dal greco ποιέω (poieo), che vuol dire “creare dal nulla”. [13]

Anche Baudelaire parla di bellezza, similmente a Emerson, e così come quest’ultimo è il primo in America a invitare la sua generazione a lasciarsi alle spalle la tradizione letteraria dei padri, così Baudelaire è il vero romantico, colui che non si limita a dipingere la superficie delle cose, ma che compie un complesso voyage interiore. Nel suo Salon del 1846, il poeta francese si domanda cosa sia davvero il romanticismo. La sua domanda trova risposta nell’espressione più recente e moderna della bellezza e l’artista sarà, allora, colui che esprimerà il massimo romanticismo possibile. [14]

Il romanticismo è un modo di sentire, che parte da dentro, mente gli artisti delle precedenti generazioni lo hanno cercato nella realtà esteriore, riproducendola così come essa appare. Questa idea si accorda con ciò che ho affermato poc’anzi riguardo alla concezione della bellezza da parte di Emerson: essa deve insediarsi nella mente dell’uomo, deve attraversarlo, altrimenti resta una mera contemplazione e la sua importanza si vanifica. [15]

E come per Emerson- considerando anche ciò che sostiene Cavell- la ricerca della bellezza, del vero, conduce gli uomini sulla retta via [16], anche per Baudelaire la bellezza coincide con la strada verso la felicità. Ancora, nello stesso saggio, Baudelaire afferma che l’arte può risiedere dentro ognuno di noi e “il genio consiste nel risvegliarla.” [17] Infine, nell’ Esposizione universale del 1855, richiama l’idea di bellezza, associandola alla meraviglia: è qualcosa di bizzarro, di personale, da cui discendono la verità e vari tipi di sensazioni. [18]

Note:

  • [1] R.W. Emerson, Nature (1836), Introduction.
    [2] S. Weil, (1988)Quaderni. Volume terzo, Adelphi, Milano, p.178.
  • [3] I. Tattoni,( 2005) “The Eye in Emerson’s Poetics”, in A.Chanady, G. Handley, P.Imbert (a cura di) «Americas’ Worlds and the World’s Americas. Les mondes des Amériques et les Amériques du monde» , Legas, Ottawa, p. 456.
  • [4] R.W. Emerson, op.cit., Chapter 1.
    [5] Ibidem;
    [6] S. Cavell, (2003) “Thinking of Emerson”, in S. Cavell «Emerson’s Trascendental Etudes», Stanford University Press, Stanford p. 13.
    [7] S.Cavell, (2003) “An Emerson Mood ”, in S. Cavell «Emerson’s Trascendental Etudes», Stanford University Press, Stanford, p. 23.
    [8] R.W. Emerson, op.cit., Chapter III.
    [9] Ibidem
  • [10] Ibidem
    [11] Ibidem
    [12] Ibidem
    [13] J. Rousset, (1963) Forme et Signification, Corti, Paris
    [14] C. Baudelaire, Salon del 1846, (trad.it.), sez. II;
    [15] R.W. Emerson, op.cit., Chapter III.
    [16] S. Cavell, op.cit., pp. 20-32.
    [17] C. Baudelaire, op.cit., sez. XIII
  • [18] C. Baudelaire, Esposizione universale- 1855- Belle arti, (trad. it.), sez. I.

Bibliografia:

  • Benjamin W., (1962) “Sulla lingua in generale e sulla lingua dell’uomo”, in «Angelus Novus», Einaudi, Torino
  • Baudelaire C., Esposizione universale- 1855- Belle arti, (trad. it.)
  • Baudelaire C., Salon del 1846, (trad.it.)
  • Cavell S., (2003) “An Emerson Mood ”, in S. Cavell «Emerson’s Trascendental Etudes», Stanford University Press, Stanford
  • Cavell S., (2003)“Finding as Founding. Taking Steps in Emerson’s ‘Experience’ ”, in S. Cavell «Emerson’s Trascendental Etudes», Stanford University Press, Stanford;
  • Cavell S., (2003) “The Philosopher in American Life”, in S. Cavell «Emerson’s Trascendental Etudes», Stanford University Press, Stanford;
  • Cavell S., (2003) “Thinking of Emerson”, in S. Cavell «Emerson’s Trascendental Etudes», Stanford University Press, Stanford
  • Emerson R. W., Nature (1836)
  • Emerson R.W.(1837), The American Scholar, Fortuna A.M., “Stanley Cavell su Emerson e la redenzione del linguaggio dalla filosofia”, in « Annali del Dipartimento di Filosofia (Nuova Serie)», Firenze University Press, Firenze, vol. XIV, 2008
  • Nietzsche F.W., Così parlò Zarathustra, Rusconi Libri, Santarcangelo di Romagna (RN), 2004
  • Rimbaud A. (1871), Lettera a Paul Demeny, (trad.it)
  • Rousset J., Forme et Signification, Corti, Paris, 1963
  • Tattoni I., “The Eye in Emerson’s Poetics”, in A.Chanady, G. Handley, P.Imbert (a cura di)
    «Americas’ Worlds and the World’s Americas. Les mondes des Amériques et les Amériques du monde» , Legas, Ottawa, 2005
  • Thoreau H.D., Walden or, Life in the Woods, Edited by Robert F.Sayre, 1854, Chapter IV, p.84 , by the Internet Bookmobile, 2004
  • Weil S., Quaderni. Volume terzo, Adelphi, Milano, 1988

Articolo di,

Claudia Ricci

2 commenti su “Emerson tra Baudelaire e Rimbaud – Parte I

  1. L’autrice dimostra padronanza e profonda conoscenza della letteratura, oltre ad uno spiccato senso critico e ad una originalità di pensiero

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