Privacy Policy Alla ricerca di artisti esordienti: l’inaugurazione della doppia personale di Elisa Allegretti e Giovanna Fiacco - The Serendipity Periodical

Alla ricerca di artisti esordienti: l’inaugurazione della doppia personale di Elisa Allegretti e Giovanna Fiacco

Dove è finita l’arte? O meglio, dove si nascondono le espressioni artistiche contemporanee in un mondo in cui lo spazio creativo è relegato al margine?

The Serendipity Periodical è andato alla ricerca di artisti esordienti, scovando i posti in cui si nascondono, che ancora esistono e sono tutti da scoprire.

In occasione dell’inaugurazione delle doppia esposizione personale di Elisa Allegretti e Giovanna Fiacco, due membri della redazione (Giulia Bucca e Simona Ciavolella) si sono recati in data 14 novembre presso la sede dell’Associazione Operatori Culturali Flaminia 58, in via Flaminia appunto, a Roma: qui, nella galleria Bruno Lisi sono esposte le opere delle due giovani artiste. La mostra si terrà fino al 26 gennaio 2019 e lo spazio espositivo sarà aperto dal lunedì al venerdì dalle 16:30 alle 19.

L’associazione che ha promosso questa iniziativa è nata nel 1984 ed è costituita da un gruppo di artisti e architetti, che autogestiscono uno spazio comune dedicato a mostre, installazioni ed eventi. La loro costante attività di promozione culturale si impegna soprattutto nel coinvolgere realtà esterne attraverso l’attuazione di iniziative artistiche che vadano a favorire l’interscambio culturale.

La dimensione collettiva della galleria d’arte ha portato negli anni ad instaurare contatti con varie realtà nella promozione di talenti e nicchie di qualità. In questa occasione, così come in molte altre, la collaborazione si è avuta con l’Accademia delle Belle Arti di Frosinone, da cui entrambe le artiste provengono.

I loro progetti ruotano entrambi attorno ad una riflessione sulla tecnica dell’incisione. Lo sviluppo che hanno seguito nel realizzare le loro opere va al di là delle tecniche tradizionali.

Elisa Allegretti: Passaggio. Tracce. Memorie.

L’incisione è vista come una riflessione sulla costituzione dell’immagine nello spazio. La sua opera parte dalla realizzazione di una serie di incisioni su rame, materiale preferito dall’artista: attraverso l’antichissima tecnica dell’acqua forte, che prevede l’immersione della lastra già incisa nell’acido nitrico, si sono realizzate una serie di immagini astratte, composte dal contrasto bianco e nero creato dalla tecnica incisoria.

Le creazioni sono poi state sottoposte allo sguardo di una serie di spettatori, che hanno espresso a parole loro ciò che riconoscevano nelle figure rappresentate. Le parole chiave si sono poi unite a creare delle frasi, apparentemente stralci di opere letterarie, e la loro poesia accompagna la visione delle figure incise.

Un esempio è: “Riecheggia nel vuoto il pianto doloroso di un addio. Stesa su di un corpo, in attesa ancora dell’ultimo abbraccio. Il terrore, la disperazione, tutto va a finire in una tomba”.

La caratteristica anomala di questa esposizione è quella di aver scelto di sottrarre all’occhio curioso dello spettatore l’incisione originaria e di riportare solo le parole su un foglio bianco: questo è stato stampato “a cavo”. La matrice è lavorata per ottenere un disegno incavato vuoto, che diventa la nuova incisione, quella definitiva. Dunque, l’artista ha deciso di considerare l’incisione di partenza solo nella sua funzione generativa, ovvero nella sua capacità di aver dato vita a parole e frasi spontanee per descrivere quello che poi rimane uno spazio vuoto.

Questa decisione nasconde una riflessione sulla modernità: nell’era attuale, in cui siamo costantemente bombardati dalle immagini, non si presta più attenzione a ciò che si guarda. La svalutazione delle immagini non è accettabile per un’artista che le pone invece in primo piano.

È per questo, dunque, che si è deciso di porre lo spettatore davanti ad un foglio bianco e costringerlo a soffermarsi sulla riproduzione dell’incisione.

Giovanna Fiacco: Voce. Respiro. Grafica.

 In questo caso, l’incisione diventa grafica e si compie attraverso lo strumento più immateriale che si possa immaginare: la voce. L’artista ha coinvolto nella realizzazione della sua opera un gruppo di persone e gli ha chiesto di recitare Romeo e Giulietta di Shakespeare. Attraverso l’utilizzo di un pulsometro per monitorare il respiro e il battito cardiaco dei vari lettori, si sono ricavate una serie di tabelle di dati, che riportano l’emissione delle voci e costituiscono l’immagine grafica dell’esposizione.

A questa si accompagna la riproduzione del video che documenta la lettura dell’opera e una serie di frame da esso ripresi: sono le stampe di ingrandimenti di bocche, nasi, gole delle persone coinvolte nel progetto, associate alle tabelle grafiche dei dati ricavati, stampate in fogli A4.

Trovarsi di fronte a numeri ordinati in colonne verticali e affissi a stampe di dettagli di parti del corpo sconcerta lo spettatore e lo pone di fronte ad una serie di interrogativi. Anche in questo caso l’obiettivo dell’opera è catturare l’attenzione, far soffermare lo sguardo, e la mente, sulle immagini. In particolare, l’artista vuole far riflettere sull’effetto che l’essere umano ha sull’ambiente che lo circonda.

La nostra voce modifica lo spazio intorno a noi, emette anidride carbonica e inquina: è a questo che si riferiscono i dati riportati, all’impatto che può avere sul mondo circostante l’invisibile e l’impalpabile per eccellenza, la voce umana.

 

Articolo di

Giulia Bucca

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