Privacy Policy Collodi tra giornalismo umoristico e ritratti caricaturali: alcuni estratti - The Serendipity Periodical

Collodi tra giornalismo umoristico e ritratti caricaturali: alcuni estratti

Collodi e il suo giornalismo ancora attuale

Alcuni estratti del lavoro sull’attività giornalistica di Carlo Collodi sono di una sconvolgente attualità, seppur si tratta di vicende ambientate tra i moti risorgimentali del 1848 e l’Italia postunitaria. Siamo nell’ottocento, il secolo che, non solo ha visto grandi trasformazioni a livello economico e politico, ma anche il periodo che ci consegna un modello di paese molto simile al nostro. Basti guardare ai vari ritratti caricaturali (chiamati Fisiologie) degli esponenti pubblici del tempo, scorgiamo numerose affinità con i nostri. Una prova ci è offerta dalla Fisiologia dell’Impiegato, dove a colpi di ironia Collodi delinea un profilo simile ad alcuni impiegati del nostro tempo (non la maggioranza, bensì una parte di essi).

Ci troviamo di fronte a un giornalismo diverso da quello di oggi, scandito da una prosa più aulica, più larga (in quanto, almeno nelle riviste e giornali esaminati, non c’era l’obbligo di rispettare un numero specifico di battute), contrapposta alla brevità, essenzialità e il linguaggio asciutto di oggi. Notiamo bene un’evoluzione del giornalismo culturale, quello fatto dagli scrittori. O meglio, quello fatto dall’influsso degli scrittori nel campo del giornalismo. È un approccio diverso, una maniera di narrare che non si allontana molto dall’attività di scrittore.

Questa parte della vita di Collodi – ossia l’attività giornalistica- è quella più rilevante, in quanto ha coperto un vasto arco temporale, circa un trentennio. La parte meno conosciuta, forse la più affascinante, è stata sicuramente la più ricca. In entrambi i campi, prosa e giornalismo, Collodi non si è risparmiato, ha dato sempre il massimo. Le due attività sono molto legate tra loro più di quanto si creda, infatti il suo celebre romanzo Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino è uscito a puntate sui giornali dell’epoca prima della sua intera pubblicazione.

Ritratti umoristici: il Codino, il Crociato ed altri

Oggetto dell’umorismo ironico e sarcastico di Carlo Lorenzini non è solo il mondo politico, ma anche le abitudini, le convinzioni, i comportamenti e stili di vita di alcuni cittadini, che in qualche modo, però, sono in rapporto con i personaggi o con le strutture della pubblica amministrazione e del mondo politico; in particolare la sua attenzione si concentra nella ricostruzione della fisiologia del Codino, del Crociato, della Gesuitessa, dell’Impiegato, dell’ex Vicario e dello Smargiasso. Nell’estate del 1848 Lorenzini pubblica nel Lampione alcune Fisiologie, che sono ritratti umoristici e sarcastici di tipi e personaggi che non sono direttamente coinvolti nella politica, ma ad essa si raccordano con le loro idee e con la loro personale valutazione delle vicende. In questi scritti, come rileva Candeloro:

la satira politica è anche satira di costume, e tende a incidere in una certa misura sulla società civile, in nome di una visione della vita più libera e aperta[1].

Esemplari sotto questo punto di vista sono le fisiologie del Codino e del Crociato, che apparentemente sembrano contrapporsi, ma poi in realtà finiscono col coincidere: il Codino rappresenta il fanatico dell’immobilismo, il Crociato è un falso rivoluzionario. Entrambi quindi rappresentano, in due profili al contrario, gli ideali che hanno portato Lorenzini a partecipare come volontario toscano alla guerra contro l’Austria, con la convinzione che essa avesse come suo reale obiettivo la liberazione del Paese dalla dominazione straniera;

Manovrando la fisiologia del Codino e quella interdipendente del Crociato, Lorenzini fornisce due supporti referenziali in negativo al proprio lealismo politico, alla propria insofferenza di volontario toscano [2].

 

Fisiologia del codino

Il termine Codino è usato comunemente per indicare «persona antiliberale, reazionaria, ottusamente avversa alla novità nel campo sia politico sia artistico- letterario (così chiamata, perché durante la rivoluzione francese e la Restaurazione i nostalgici del vecchio regime portavano con ostentazione il codino)[3]». Nei confronti del Codino, Lorenzini prende ovviamente le dovute distanze, adottando il registro umoristico, che implicitamente comprende e sottintende quello polemico. La nota umoristica, d’altra parte, caratterizza la fisionomia del personaggio e lascia poi il posto a una precisa analisi delle idee e della concezione che il Codino ha della politica. Il ritratto caricaturale si apre con una battuta scherzosa:

Il nome di codino non porta sempre implicita la necessità della coda, nella stessa guisa che il nome studente non porta implicita la necessità dello studio. Il codino, propriamente detto, è un uomo d’una certa età e di una certa statura come tutti gli altri uomini: un comune cittadino, dunque, che può appartenere a tutti i ranghi della società, ma per lo più è un impiegato regio d’uno di quei dicasteri dove gli affari sono una scusa per gli impiegati, come gli impiegati sono una scusa per gli affari (…). Il servizio per lui è divenuto un modo di essere, né saprebbe a nessun costo rinunziar agli incerti del suo impiego, che sono quelli di scappellarsi, inchinarsi, prostrarsi ai Superiori, bearsi di tanto in tanto nell’aspetto d’un’Eccellenza, anche non eccellente, e fare il solito sonnellino di cinque ore sulla poltrona dell’ufficio. Se prende moglie, fa voto di castità la mattina delle nozze, e dopo sette mesi gli nascerà un maschio bello come il sole[4].

Coerenti con un tale tenore di vita sono le idee che egli ha della politica: egli è convinto che al mondo non possa trovarsi uno stato meglio ordinato dello status quo; pertanto la sovranità popolare, la costituzione, i diritti elettorali gli guastano il sonno e gli producono capogiri. Il codino odia la Costituzione: l’autorità è data da Dio ai sovrani e i popoli non possono avanzare l’arrogante pretesa “di chiedere ragione ai Ministri e ai Principi quasi che i Ministri e i Principi fossero obbligati a ragionare e specialmente coi popoli[5]”.

 Il codino infine prova orrore per la libertà e l’indipendenza, e spesso si chiede come possano ventiquattro milioni di uomini disperarsi tanto per uno stivale geografico, dimenticando che la libertà e la Repubblica sono generatrici del Caos e pronostico del Giudizio Universale. Questi timori lo affliggono e la sua anima è desolata, ma il suo stomaco è sano e malgrado i dispiaceri di tante Concessioni e Motupropri, spera di toccare santamente il 1890[6].

Fisiologia del crociato

Nel disegnare la fisiologia del crociato, Lorenzini adotta un registro stilistico diverso da quello utilizzato nel delineare il profilo umano e politico del codino: in questo prevale l’umorismo sarcastico, volto a focalizzare i limiti culturali del personaggio; nel ritratto del crociato, invece, prevale il tono polemico e aggressivo con l’esplicita denunzia dell’opportunismo disonesto dei falsi rivoluzionari. Il Crociato ostenta con gesti marziali la volontà di andare a combattere per l’indipendenza e la libertà, ma, a differenza di altri giovani coraggiosi, come lo stesso Lorenzini, che volontari erano corsi sui campi di battaglia della Lombardia, il Crociato si guarda bene dal raggiungere il fronte. Per quindici giorni gira per il paese con la croce sul petto, la fiaschetta appesa al collo e le scarpe a doppia suola ai piedi e a chi domanda quando parte risponde sempre che partirà fra un’ora. Prima di partire per alcune sere passa per certe strade verso la mezzanotte e si ferma sotto alcune finestre a cantare flebilmente:

Io vengo a dirti addio

L’armata se ne va

Se non partissi anch’io

Sarebbe una viltà

Il Crociato parte, ma non per andare in guerra. Infatti non raggiunge gli altri volontari e nella sua giberna non porta cartucce, il cui odore gli sconcerta lo stomaco, ma solo boccette di pachouly e di Acqua di Colonia. Strada facendo pensa al titolo che deve prendere: quello di tenente o di capitano è poco; quello di Generale è troppo; il titolo giusto gli sembra quello di colonnello e come colonnello si presenta a Milano, dove però di Crociati come lui c’è un esercito e i colonnelli sono più di duemila di diversi paesi e tutti sono o conti o marchesi. Per non restare al di sotto degli altri Crociati anch’egli prende il titolo di conte o di marchese:

Mangia e beve e veste a spese dell’indipendenza italiana; e siccome sente che tutti sono andati per conquistare qualcosa anch’egli non vuol fare di meno e conquisterà, in mancanza di meglio, o la figlia dell’Oste dove alberga o la serva del padrone che lo ha preso in casa. Se compra, paga a guerra finita, se contratta una moglie, non la vuol prendere che a guerra finita; e fermo nei suoi principi, è risoluto di andare al Campo, ma a guerra finita. Se lo lasciate discorrere, vi racconterà cose o prodezze che paiono sogni. Si è trovato ai fatti di S.Lucia, di Goito e di Montanara, perché sentiva benissimo il cannone alla distanza di una ventina di miglia[7].

 Il Crociato, nel ritratto che ne fa Lorenzini, è un falso rivoluzionario, esibizionista, millantatore e vigliacco, che però trae profitto dalle azioni dei liberali autentici, che per dare un colore nazionale alla guerra austriaco-piemontese non hanno esitato a Curtatone e Montanara a sfidare il nemico, dando un contributo determinante alla vittoria di Goito. I Crociati, invece, vestiti di onorate divise, si sono serviti della guerra di indipendenza come scusa per intraprendere un viaggio di piacere. 

 Note:

  • [1]Candeloro G., Carlo Collodi nel giornalismo toscano del Risorgimento,op. cit. p. 67
  • [2]Bertacchini R., Carlo Lorenzini giornalista e polemista, in Carlo Lorenzini-Collodi nel centenario,Istituto Enciclopedia Italiana, Roma, 1982, pp. 42-43
  • [3]Battaglia S., Dizionario della lingua italiana, UTET, Torino, 1964, vol. III, p. 257
  • [4]Il Lampione, Fisiologia del Codino,19 agosto 1848
  • [5]Ibidem
  • [6]Ibidem
  • [7]Il Lampione, Fisiologia del Crociato, 24 agosto 1848

 

Articolo di

Daniele Altina

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