Privacy Policy Il ruolo di Ianuarius e Februarius nel calendario romano-Seconda Parte - The Serendipity Periodical
Il ruolo di Ianuarius e Februarius nel calendario romano

Il ruolo di Ianuarius e Februarius nel calendario romano-Seconda Parte

Le festività di Februarius nell’antica Roma

[La prima parte dell’approfondimento su Januarius e Februarius si trova qui.]

Fornacalia – probabilmente dal 7 al 17 febbraio

I Fornacalica erano la festa della torrefazione del farro e prendevano il nome dalla fornace che serviva per la torrefazione di questo cereale, di fondamentale importanza per i romani (almeno fino al V. secolo a.C.), che avveniva nel mese di febbraio. La celebrazione dei Fornacalia è stata interpretata in passato come una festa del ringraziamento prima di cominciare a consumare il nuovo raccolto. Questa argomentazione è stata ripresa da A. Brelich che ha visto nella torrefazione un momento di estrema importanza, poiché tramite la tostatura si rendeva il farro accessibile al consumo: ciò rende i Fornacalia legati ad un momento particolare dell’anno in cui si creano le “condizioni di esistenza del popolo romano”, le premesse per il nuovo anno che iniziava a marzo.

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Quirinalia-17 febbraio

Il culto del dio Quirino risale probabilmente ad una fase più antica della storia che ha preceduto la nascita della città di Roma. Il suo stesso nome infatti lo inquadra come dio della comunità divisa in curie. Definire la figura di Quirino tuttavia non è semplice, egli infatti oltre a essere inizialmente il dio delle curie, col tempo fu assimilato alla figura di Romolo divinizzato dopo la morte. Per capire la figura di Quirino è fondamentale quindi analizzare il suo rapporto con Romolo e la leggenda. Romolo, divenuto inviso ai senatori, fu ucciso da questi che lo fecero a pezzi nella curia o nel santuario di Vulcano o nel comizio; in seguito annunciò tramite un’epifania la sua divinizzazione compiuta. A. Brelich è partito dalla constatazione della presenza, nella più antiche civiltà di coltivatori primitivi, del culto delle cosiddette “divinità morenti” credute operanti ai tempi delle origini e creatrici di oggetti, esseri viventi e popoli. Secondo il mito venivano uccise e in alcuni casi squartate dopo la fase di fondazione, dal loro corpo poi sarebbero nate alcune piante: le piante alla base della sussistenza del popolo che avrebbero fondato. Tuttavia la religione romana aveva subito un processo di demitizzazione attraverso il quale i miti delle divinità erano stati attribuiti a esseri umani. Di conseguenza questo processo che porta alla divinità morente non poteva avere luogo, pertanto la figura di Romolo fu divisa in due: l’uomo Romolo legato al mito della fondazione e lo sbranamento e Quirino, la figura divina legata alla protezione della città e la vegetazione

in tal modo, il primo re di roma sarebbe stato connesso, sempre dal punto di vista mitico, con la fondazione di una collettività, delle sue istituzioni e del suo alimento base

La morte del re, come la cottura del farro, dunque la “morte” del seme nel suo aspetto umano e vegetale sembra essere presupposto di rigenerazione. Lo stretto legame tra i due eventi è evidenziato dalla coincidenza temporale tra la fine dei Fornacalia e la morte di Romolo in febbraio, ma anche dalla coincidenza spaziale, in quanto i Fornacalia avevano luogo nel Foro, dove Romolo secondo una delle versioni (quella ritenuta più antica) era stato ucciso dai senatori.

Parentalia -dal 13 al 21 febbraio

I Parentalia erano un ciclo di festività in onore degli antenati articolato in nove giornate, durante il quale le famiglie si recavano presso le tombe per fare piccole offerte ai rispettivi antenati. I Parentalia non possono essere considerati una generica “festa dei morti”, in quanto non erano dedicati a tutti i morti, ma solo quelli considerati antenati. Ovidio attribuisce la loro istituzione ad Enea, dato che non stupisce in quanto Virgilio ci ha consegnato Enea quasi come eroe della pietas, quel sentimento pio e doveroso che si esprime verso gli antenati. Ora sappiamo che nel loro aspetto pubblico i Parentalia erano celebrati dalle Vestali, ciò ha fatto interrogare D. Sabbatucci sul possibile destinatario di questo culto che sembrerebbe non potersi prestare ad una pratica privata, a meno che la finzione rituale non imponesse alle Vestali di recitare la parte di figlie che parentano ad un mitico “padre”. La parte di figlie si addiceva alle Vestali, almeno per la loro verginità. A questo punto, dato che stiamo parlando di un rito pubblico, si dovrebbe trovare loro un “padre” che fosse “antenato” di tutto il popolo romano: il padre più idoneo sarebbe Romolo, sia re che parens prototipico.

Feralia -21 febbraio

I Feralia erano la festa pubblica che chiudeva il periodo dei Parentalia cominciati alle idi e a carattere privato. Secondo Ovidio questa giornata costituiva il campo d’azione della dea Tacita Muta, dea infera e silenziosa, identificabile con la Madre dei Lari, Acca Larentia. Ovidio ci racconta che era una ninfa di nome Lara, legata alla zona paludosa e infernale del Velabro, che rivelò alla sorella Giuturna l’amore di Giove, frustando il tentativo di seduzione del dio. Egli per punizione le strappò la lingua, rendendola Dea Muta, e la inviò nel mondo dei morti; l’accompagnatore, Mercurio, approfittando della mutilazione della ninfa, la violentò e da questo accoppiamento nacquero due gemelli, i Lares Compitales. La presenza di Giove, al posto di Fauno, nella narrazione di Ovidio sarebbe del tutto in linea con il modo di concepire il tempo nella religione romana: in questo periodo di rovesciamento dell’ordine, rappresentato da febbraio, troviamo un Giove che si comporta in modo opposto al solito, poiché agisce nel mese che è sotto l’influsso del dio Fauno, dio che mostra saldi legami con il mondo alla rovescia, selvaggio e disordinato.

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Il disordine di febbraio, precede il mese di marzo ,in cui si ristabilirà l’ordine sancito da Giove, il dio sovrano del pantheon romano. Questo Giove ha infatti dei caratteri in linea con quel che si è detto sul carattere di febbraio: non si tratta di uno Iuppiter “canonico”, ma “strano, faunesco, insidiatore delle ninfe e propenso alla violenza” (J. Aronen). Questi caratteri ricorderebbero piuttosto la figura di Fauno: egli, come ricorda Orazio, ha una sessualità sfrenata ed è solito inseguire le ninfe; inoltre la violenza di Giove nei confronti della ninfa sembra un parallelo di quella di Fauno che nel mito fustigò la sua paredra Fauna; Fauno risulta dunque dalle fonti legato ad una sfera selvaggia, caotica, incontrollabile. Questo tipo di comportamento “faunesco” di Iuppiter, in genere improponibile, poteva essere proposto proprio in questo periodo dell’anno, quado l’ordine normale delle cose doveva essere rovesciato (J. Aronen).

Terminalia -23 febbraio

I Terminalia erano dedicati a Terminus il dio che sanciva la sacralità delle pietre terminali e dei confini di un luogo o territorio, esse erano infatti sovrintendenti all’immutabilità dei confini. Terminus significa “segno di confine”: il nume dei segni di confine sembrava identificarsi con “ogni sasso o tronco o altro materiale ancora, posti dall’uomo a segnare tangibilmente il perimetro di una certa estenzione di terreno”, tanto da poter dire che il dio corrispondeva allo stesso oggetto che rivestiva tale funzione e che tutti i Termini erano ritenuti dei. Egli era il dio dei limiti, intesi sia in senso sia spaziale, sia temporale, infatti i Terminalia del 23 febbraio segnavano la fine dell’anno arcaico.

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Regifugium – Credits www.jt1965blog.wordpress.com

Regifugium -24 febbraio

Il nome del Regifugium corrisponde a quello di un rito attestato solo da Plutarco: nel foro, davanti al Comizio, si teneva un sacrificio tradizionale, dopo averlo compiuto il re (sacrale) si allontanava fuggendo dal Foro. Secondo la tradizione si commemorava la cacciata dei re, ma questa deve essere un’interpretazione più tarda, poichè il Regifugium, in quanto incluso nel calendario più antico, doveva trovare il suo significato in un’epoca precedente a quella della cacciata dei Tarquini. Ad ogni modo è un dato utile poiché Dionigi di Alicarnasso,  parlando di pochi giorni di intervallo tra la cacciata dei Tarquini e l’elezione dei primi consoli, ricorda l’istituto dell’interregnum che sappiamo durare 5 giorni: la distanza tra il Regifugium e l’inizio di Marzo. Mediante l’indizione dell’interregnum si provvedeva al governo della città nel caso fosse venuta a mancare la magistratura ordinaria. La tradizione faceva risalire la sua istituzione al momento della morte di Romolo; sarebbe stato escogitato dai senatori per rimediare al sopravvenuto vuoto di potere che si era creato per il dissidio tra la componente romana e sabina sulla nazionalità del successore di Romolo.

L’Interregnum consisteva nell’affidamento del governo al senato, che lo esercitava delegando a turno e per un periodo di 5 giorni un suo membro, il quale assumeva il titolo di interrex. Quindi il Regifugium forniva la misura temporale del turno di interregnum: cinque giorni, tanti quanti ne durava quella specie di interregno calendariale che finiva con la ricomparsa del rex alle calende di marzo. Venendosi a collocare dopo i Terminalia, questa festività è successiva alla fine dell’anno, ma non fa neanche parte dell’anno futuro, quindi ci troviamo in un momento di passaggio dall’anno vecchio a quello nuovo: tra  i Terminalia e l’inizio dell’anno c’era un periodo di 5 giorni, un periodo di transizione in cui avviene, a livello mitico-rituale, la fuga del re.  L’ “anormalità” e il carattere caotico che abbiamo visto caratterizzare le feste di febbraio, trovano qui il loro culmine: la carica suprema dello stato viene a mancare e tornerà in carica solo con l’inizio della lunazione di marzo che ristabilirà idealmente l’ordine sociale.

 

Articolo di

Deborah Cherchi

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