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L'onore nelle culture mediterranee

L’onore nelle culture mediterranee

Analisi dei valori di onore e vergogna nell’area mediterranea

Gli antropologi hanno spesso usato i valori per spiegare i tipi delle culture studiate. I valori non sono punti fissi, ma sono come banderuole: sono fermi, ma si muovono in base al vento. Gli studiosi posero grande attenzione sui cliché cinematografici che creano stereotipi, soprattutto nell’area mediterranea. A partire dagli anni ’50, nacquero studi antropologici proprio su quest’area, caratterizzata da grande varietà di lingua e religione. L’obiettivo? Trovare un filo conduttore tra queste “culture dell’onore“, nonostante la loro estrema varietà. Il momento fondamentale per questo genere di lavoro avvenne nel 1959, quando un gruppo di antropologi si riunì in un castello in Austria per discutere di onore e vergogna. Dai loro studi nacque il libro Honour and Shame: The values of the Mediterranean Society.

La copertina di Honour and Shame

Un’analisi da insider

Ogni capitolo del libro tratta di una parte specifica dell’area mediterranea. Il capitolo sulla penisola iberica è scritto da J. Pitt-Rivers. Egli era di origini aristocratiche, e offriva quindi la classica ambivalenza dell’insider. Infatti, uno dei primi parallelismi che egli traccia è tra l’atteggiamento degli aristocratici e quello dei gangster, che si considerano entrambi al di sopra della legge dello Stato. Pitt-Rivers teorizza proprio che l’onore sarebbe stato così importante nel Mediterraneo per la debolezza degli Stati. Evidenzia, inoltre, il carattere plurivalente dell’onore, spesso collegato alla sfera fisica. Nel libro, lo studioso usa l’esempio di un uomo spagnolo, Manuel. Quest’ultimo, ignorato da una giovane a una festa di paese, riferisce a Pitt-Rivers che “glielo lasciava fare in quanto era sposato”. Da un lato, quindi, la virilità ostentata nel tentare di approcciare una giovane ragazza. Dall’altro, la devozione verso la famiglia, considerata sacra.

L’onore in Grecia

Ad occuparsi dell’indagine in Grecia fu l’antropologo M. Herzfeld. Egli lavorò sul campo in due comunità della Grecia molto diverse: Pefki, sull’isola di Rodi, e Glendi, nella parte occidentale di Creta. In entrambe la filotimia, ovvero l’amore per l’onore, rivestiva un’importanza determinante. Le leggi e la cultura, tuttavia, apparivano radicalmente differenti in ciascuna comunità. Gli abitanti di Pefki erano sobri e rispettosi della legge. Quelli di Glendi rubavano, giocavano d’azzardo e disprezzavano le autorità. A Pefki, quindi, la filotimia era plasmata dall’obbedienza ai diktat dello stato e dall’interesse per la comunità. A Glendi, invece, la persona non aveva un valore sociale a meno che non esprimesse un’opinione molto alta di se stessa. Herzfeld si chiese, dunque: perché chiamare queste tutte queste culture come “dell’onore”, nonostante le numerosissime differenze?

Nessun risultato?

Gli studi circa la cultura dell’onore si attenuarono all’inizio degli anni ’80. Principalmente, possiamo individuare tre motivi: innanzitutto, tali studi generavano stereotipi problematici. In secondo luogo, più generalmente, ci fu un cambiamento negli interessi degli antropologi. In quegli anni, infatti, l’antropologia cominciò a prendere le distanze dal termine “cultura”, ritenuto fragile, grazie anche al contributo di celebri studiosi quali Foucault. Infine, è sempre mancata una struttura sistematica nell’esempio di una cultura dell’onore. Le analisi condotte dagli esperti riunitisi nel castello in Austria non avevano evidenziato un filo conduttore saldo abbastanza.

Lo stereotipo del gangster fu abusato a Hollywood. Qui, una scena tratta da Il Padrino (Credits: www.ferraraitalia.it)

Domande sbagliate

Per Jane Schneider, studiosa contemporanea, Pitt-Rivers e gli altri pionieri dell’analisi sull’onore si erano posti la domanda sbagliata. Essi non avevano saputo domandarsi perché, quando parliamo dell’importanza di questi valori, riscontriamo una tale continuità in tutta l’area mediterranea. Schneider offre una risposta semplice: il motivo è l’ecologia. La studiosa sostiene che le culture dell’onore tendono a svilupparsi tra i pastori, soprattutto tra quelli che si sono sentiti minacciati dall’influenza degli agricoltori. Essi avrebbero quindi affrontato vari tipi di insicurezza rispetto all’accesso alle risorse, spesso ricorrendo alla violenza. Questo, ovviamente, in aree dove l’autorità dello Stato – e la rigidità delle leggi – non era particolarmente forte.

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