Privacy Policy Androidi e No, A Posthuman Manifesto Vol.1 di Marco Pirri - Intervista all'autore - The Serendipity Periodical
"Androidi e No, A Posthuman Manifesto Vol.1" di Marco Pirri - Intervista all'autore

Androidi e No, A Posthuman Manifesto Vol.1 di Marco Pirri – Intervista all’autore

Androidi e No, A Posthuman Manifesto Vol.1, raccolta di racconti fantascientifici di Marco Pirri

"Androidi e No, A Posthuman Manifesto Vol.1" di Marco Pirri - Intervista all'autore
Marco Pirri

Marco Pirri, nato a Roma nel 1988, laureato in Filologia Moderna con una tesi sulla fantascienza italiana contemporanea, insegna materie umanistiche e scrittura creativa nelle scuole. Ha pubblicato un romanzo, Poison Whiskey; una raccolta di racconti di fantascienza Rivelazioni Fugaci di Luna e una di poesie, Pastorale. Ha visto tutte le serie di Star Trek e ama la Coca Cola. Viaggi tra universi. Oggetti di uso comune provenienti da altre realtà parallele. Androidi umanoidi, stanziamenti su nuovi pianeti, culti religiosi antichi inseriti in ambientazioni fantascientifiche. Tutto questo è Androidi e No. Questa raccolta di racconti fantascientifici catapulta il lettore in un’altra realtà. Ogni racconto gioca sulla sul binomio realtà e finzione, mescolando insieme ad elementi del quotidiano, elementi di science fiction. Un sodalizio tra i due che crea un connubio assai godibile per il lettore amante del genere.

Il titolo del tuo lavoro contiene una splendida citazione a Elio Vittorini e alla sua opera Uomini e No. L’opera di Vittorini, presenta il concetto di umanità, intesa nel suo aspetto più profondo. Nel tuo caso, la partita è giocata tutta sul piano degli androidi che hanno preso piede nella realtà da te creata. Qual è l’analogia tra i due titoli, se c’è ovviamente?

Come giustamente hai riassunto, il romanzo di Vittorini si sofferma sulla composizione dell’uomo, dei suoi estremi sentimentali e idealistici. Sono molto appassionato di tecnologia e scienze varie, quindi mi è sempre interessato approfondire il discorso su come potrà evolversi l’uomo nella sua interezza sia sentimentale/animistica che corporale. Mi è piaciuto allora alimentare questa paura circa il futuro più lontano: l’ipotetica singolarità che fonderà uomo e macchina, un qualcosa che mi ha affascinato talmente tanto che ho riversato tutto ciò, anche non volendo, nella mia narrativa.

"Androidi e No, A Posthuman Manifesto Vol.1" di Marco Pirri - Intervista all'autore
“Androidi e No, A Posthuman Manifesto Vol.1” di Marco Pirri

Quello di cui parlo nei racconti è un futuro remotissimo (e possibilissimo, credo) e aumenta ancora di più questo senso di paura e straniamento che si può provare nel pensare ad un androide completamente indistinguibile da un umano, se non per qualcosa che può avere a che fare con l’anima, discorso che accende gli appassionati di robotica e simili (così come le filosofie, le religioni e determinate branche della scienza) da decenni. In tal senso, nei racconti presenti nell’antologia, le caratteristiche più strettamente umane, appunto le debolezze, le fragilità e le imperfezioni le ho scisse dalla loro controparte sintetica per aumentare il distacco, la paura. E qui mi riallaccio anche alla “potenza” della dicotomia del titolo che ho saccheggiato da Vittorini: gli androidi e, quindi ciò che resta, gli umani.

Anche il sottotitolo è molto interessante. Immediatamente salta alla mente il collegamento con il Manifesto del Futurismo. Ti va di parlarcene?

Per quanto riguarda il sottotitolo, il Futurismo c’entra ma in minima parte, nel senso che è stato mutuato solo il concetto di manifesto inteso come lista di regole per appartenere ad un determinato genere. Come dicevo sono molto appassionato di testi scientifici e tra le varie cose sono rimasto letteralmente “fulminato” da questo libro di Robert Pepperel, The Posthuman condition che contiene appunto il testo fondamentale di tutto il movimento: The Posthuman Manifesto. Tra i vari punti, alcuni anche molto ironici, compare anche:

“se possiamo pensare alle macchine, allora le macchine possono pensare; se possiamo pensare a macchine che pensano, allora le macchine possono pensare a noi”.

Vista la menzione di Pepperel, e visto che si è già ampiamente parlato di Vittorini, quale altro autore è fonte di ispirazione per la tua scrittura, per i temi o per lo stile?

Per quanto riguarda le tematiche sicuramente prendo spunto da tutto quello che leggo in ambito scientifico e non. Amo molto autori come Greg Egan, Kim Stanley Robinson o Alistair Reynolds che aggiungono coerenza ad una narrativa del tutto fantascientifica e fantasiosa. Per quanto riguarda lo stile invece spero di aver raggiunto un equilibrio personale, tra quello che ho sempre amato – gli autori italiani oltre al già citato Vittorini, i vari Calvino, Bufalino, Eco, Manganelli e quelli angloamericani, che prediligo― e quello che invece vorrei diventare. Spesso anche il libro che sto leggendo sul momento può essere fonte di ispirazione e incidere direttamente sulla scrittura. Ho centinaia di pagine segnate sui miei romanzi preferiti che mi vengono in aiuto nel momento in cui devo scrivere qualcosa di particolare. Le rileggo e cerco ispirazione.

Il genere del racconto: perché proprio il racconto breve?

Al momento sto concludendo il mio secondo romanzo che porto avanti incessantemente dal 2018 e frutto di un processo lungo ed impegnativo, che richiede molta dedizione. La forma racconto invece è più immediata, permette a chi scrive di raccontare piccoli universi narrativi, di affrontare determinate tematiche senza il “peso” di una forma più lunga come può essere il romanzo. Sono un grande fan della forma racconto, mi piace anche moltissimo leggerli. Oltretutto, in ambito fantascientifico, il racconto breve diciamo che è quello che ha fatto la storia del genere, a partire dalle riviste americane pulp degli anni ’40 dove pubblicavano Asimov, Bradbury, Philip Dick ecc.

Fantastico, allora non vedo l’ora di leggere anche il tuo romanzo! Ne hai altri all’attivo? Se sì, dove si possono reperire? Inoltre so che sei un autore indipendente: pro e contro di questa posizione?

Il primo romanzo, Poison Whiskey, l’ho pubblicato nell’ormai lontano 2008 con una casa editrice, fu un piccolissimo caso editoriale in effetti perché vendette quasi 3000 copie! È fuori catalogo da molto tempo oramai. Ho avuto però altre due esperienze con case editrici: ho pubblicato un’altra raccolta di racconti fantascientifici (Rivelazioni fugaci di luna) e una raccolta di poesie (Pastorale) ma lo scarso impegno delle case editrici mi ha fatto virare verso il self-publishing: in questo modo posso controllare ogni aspetto dell’editing (cosa a cui tengo in particolar modo), dell’impaginazione, della copertina. Paradossalmente il self-publishing permette una grande visibilità che le piccolissime case editrici non hanno: ho raggiunto ottimi risultati con la raccolta sugli Androidi e sono assolutamente soddisfatto. Probabilmente pubblicherò anche il prossimo romanzo in questo modo.

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