Privacy Policy Diverso da chi? Audre Lorde femminista e paladina dell'attivismo black - The Serendipity Periodical
Diverso da chi? Audre Lorde femminista e paladina dell'attivismo black

Diverso da chi? Audre Lorde femminista e paladina dell’attivismo black

Chi è Audre Lorde

“Nera, lesbica, madre, guerriera, poeta”: così si definiva Audre Lorde (New York, 18 febbraio 1934 – Saint Croix, 17 novembre 1992). È una delle figure chiave nella lotta per i diritti civili e contro le discriminazioni razziali e sessuali negli Stati Uniti. Sin da piccola mostra una grande propensione per la lettura e la scrittura, nonostante dei problemi alla vista l’abbiano resa quasi cieca in tenera età. Audre ha provato sulla sua pelle il pregiudizio razziale fin da giovane. Sua madre infatti provava diffidenza nei confronti delle persone con il colore della pelle più scuro della sua, compreso quello delle sue figlie. La difficoltà nel comunicare ha portato la ragazza a rifugiarsi nella poesia e ad esprimersi attraverso di essa. Era il suo modo per comunicare con le altre persone che si trovavano ai margini della società. Frequenta l’Hunter College High School, un liceo per studenti particolarmente dotati. Pubblica i suoi primi scritti su alcune riviste, si iscrive alla National University of Mexico e accetta una borsa di studio in Mississipi. Ha sempre rivendicato la sua natura di “crazy and queer” partecipando come attivista ai movimenti per l’affermazione degli afroamericani e degli omosessuali. A ventisette anni si sposa con Edwin Rollins, bianco, laureato in legge e gay. Da questo matrimonio nascono due figli: Elisabeth e Jonathan. Nonostante ciò Audre non rinuncia alla sua omosessualità. Si separa dal marito e decide di convivere e crescere i suoi figli insieme ad una donna.

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Audre Lorde –www.britannica.com

“Mi definiscono come diversa in ogni gruppo di cui faccio parte”

Da questa affermazione, Audre Lorde dà il via a numerose riflessioni che oggi sono la base del femminismo intersezionale. Chi sono i diversi nella società degli anni sessanta? Le donne, i neri, gli stranieri, i disabili, gli omosessuali. La differenza non deve essere solo tollerata, ma deve essere vista come una riserva necessaria. Tutto ciò riflette la sua voglia di essere trattata come individuo piuttosto che declinata in base a caratteristiche stereotipate e vuole essere solo lei a definire sé stessa. Attraverso le sue opere mostra tutta la rabbia verso le ingiustizie sociali, sottolineando il suo forte senso di solitudine nell’essere una donna afroamericana.

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Audre Lorde – Credits www.metropolitanmagazine.it

La sua prima raccolta poetica “The first cities”, risalente al 1968, trasmette tutta la sua identità di donna nera. Nella seconda invece, “Cables to rage” del 1970 si nota una Audre più matura che riflette sull’amore, sul tradimento e sulla difficoltà nel crescere i bambini. Attraverso la poesia riesce a dare un nome alle cose che ancora un nome non ce l’hanno. Il namining le permette di entrare in un rapporto dialettico con il mondo, dando una nuova significazione alle realtà di cui si prende coscienza. Possiamo definire Audre Lorde una vera e propria outsider scomoda per la società misogina degli anni cinquanta e sessanta; anni durante i quali appartenere a un gruppo era sinonimo di protezione, lei però nonostante ciò decide di restare da sola.

L’intervento di Audre Lorde nella “second sex conference” di New York

“È una particolare arroganza accademica quella di voler fare teoria femminista senza esaminare le nostre molte differenze, e senza contributi significativi da parte delle donne povere, delle donne nere, del terzo mondo e lesbiche”.

Sono queste le parole di Audre Lorde che aprono la “second sex conference” di New York del 19 settembre 1979.

“E cosa significa in termini personali e politici il fatto che perfino le due donne nere che sono qui presenti sono state letteralmente trovate all’ultimo momento? La consapevolezza lesbica e quella delle donne del terzo mondo non sono state affatto prese in considerazione; questa assenza lascia una seria lacuna in questo convegno. Solo all’interno di una struttura patriarcale la maternità è l’unico potere sociale agibile alle donne. L’interdipendenza tra donne è una via verso la libertà che permette all’Io di essere, non allo scopo di venire usato, ma di essere creativo. Questa è la differenza tra l’essere passivo e l’esistere attivo. Nell’interdipendenza di differenze reciproche si trova quella sicurezza che ci permette di realizzare dei cambiamenti. La differenza è quella connessione potente nella quale si forgia il nostro potere personale. A noi donne hanno insegnato a ignorare le nostre differenze oppure a vederle come cause di separazione, invece che come forze per il cambiamento. Bisogna imparare a resistere da sole, a essere sgradite, a prendere le nostre differenze e farne dei punti di forza”.

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