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Riflessioni - Sull'arte, di Enzo Magini

Riflessioni – Sull’arte, di Enzo Magini

Mi è stato proposto da una giovane sensibile osservatrice dei fenomeni culturali dei nostri tempi, di scrivere sull’arte. La giovane in questione è mia nipote Valeria, perché tacerlo

 – Riflessione, Sull’Arte di Enzo Magini, pittore, restauratore e musicista –

Ardua e probabilmente vana impresa, spiegare l’arte è come tentare di definire l’amore. L’arte, infatti, come l’amore, si ciba di passioni e le passioni si sa, sfuggono alla ragione. Sappiamo che la passione ha a che fare con l’anima e quindi è territorio gestito dall’inconscio, affonda le sue radici negli archetipi di Junghiana memoria, come l’albero penetra, con le sue di radici, la terra natia. L’arte nasce con l’uomo. Un legame profondo, inscindibile dall’essenza umana, che si perde nella notte dei tempi. L’arte si esprime in varie forme, per mia fortuna e per i casi della vita, ho avuto la possibilità di praticare, per una connaturata predisposizione, la pittura, la musica e la scultura, e conoscere, mosso da insaziabile curiosità, la letteratura, la danza classica, il teatro e la fotografia.

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Opera di Enzo Magini – reinterpretazione di un originale di Vincent Van Gogh

Tuttavia, avendo avuto la fortuna di frequentare nella metà degli anni ottanta, un valente restauratore, (Raniero Baglioni), che operava in una bottega situata tra Via Urbana e Via Panisperna, in una zona allora famosa per la frequentazione delle “lucciole”, rimasi talmente affascinato da quell’arte, che non potei fare a meno di intraprenderla, attività che è diventata una costante nella mia vita. Una passione ad uso esclusivamente personale, e messa in pratica per parenti e amici, quando mi veniva richiesta, sempre a titolo gratuito. Consiglio a tutti di inoltrarsi in tale forma d’arte, senza pretendere di ottenere il meglio, in funzione delle proprie predisposizioni e capacità, ma certamente impegnandosi al massimo, imparare le tecniche di restauro del legno, delle lacche, dei dipinti e in particolare della carta, mi ha consentito di acquistare oggetti antichi, anche in pessime condizioni e pagarli molto meno del loro valore effettivo. Un particolare ringraziamento va proprio a Raniero Baglioni, che mi fornì i primi rudimenti e mi consigliò i testi da consultare. Allora eravamo giovani e pieni di idee, con la voglia di esplorare l’arte in tutte le sue molteplici forme. Attualmente, mi fa estremo piacere citarlo, Raniero, dopo essersi trasferito nel 1985, in Andorra, è divenuto un valente e affermato professionista a livello internazionale.

Dunque, restaurare un oggetto, un meccanismo, un dipinto, mi ha permesso di entrare nella mente e nell’animo del loro autore, di “sentire”, il suo mondo interiore, quali passioni lo avevano portato a realizzare il suo prodotto. Ebbene, posso senza alcun dubbio affermare che affrontare un restauro è come iniziare un viaggio a ritroso nel tempo, è come sfogliare le pagine di un libro, partendo dalla fine per raggiungere l’inizio, cioè la sorgente. Restaurando un qualsiasi oggetto antico, si viene a conoscenza dei materiali usati, delle tecniche utilizzate, delle grandi capacità del loro creatore. Si rimane sbalorditi dalla complessità delle opere realizzate, a volte con mezzi semplici e primitivi. Restaurando, non solo si affinano le tecniche dell’arte, ma si impara ad amare gli artisti, a rispettare la loro fatica, il loro impegno.

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Opera di Enzo Magini – reinterpretazione di originale Gustav Klimt

L’arte e le sue forme

Ciascuna delle nobili forme d’arte elencate, ha lasciato in me qualcosa di memorabile, ma l’arte si evolve è in rivoluzione/evoluzione continua, e con lo scorrere del tempo, alle originarie arti, ne sono scaturite di nuove. Come dimenticare l’importanza della fotografia dai primi dagherrotipi in poi, nascita di un’arte che portò una vera e propria rivoluzione, come del resto fece il cinema dai suoi albori. Ogni forma di espressione artistica, quale che sia, prevede lo studio delle tecniche necessarie, oserei dire indispensabili, affinché l’artista possa avere a disposizione tutti i mezzi per esprimere ciò che si nasconde nel suo animo. Tecniche che una volta apprese, come diceva Picasso, andrebbero dimenticate, per dare più spazio possibile alla libera fantasia. Diverse tra loro, le arti vengono mosse, tutte, senza eccezioni, dalla stessa forza creatrice. Un’energia interiore, indefinibile e potente, che ci spinge a fare, a esteriorizzare, a dare forma alle nostre più nascoste passioni.

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Opera di Enzo Magini – reinterpretazione di originale Giorgio Morandi

Le arti indiscutibilmente sono connesse tra loro, il teatro, ma ancor più il cinema ne sono la prova, infatti nell’attuale cinematografia, convergono molte arti, quella fotografica, quella recitativa, quella musicale, alle volte la danza e negli ultimi decenni, quella particolare espressione artistica che utilizza le più moderne tecniche digitali per dare vita a scenografie e ambienti altrimenti irrealizzabili. Ambienti virtuali, personaggi virtuali, che rappresentano visivamente e nel dettaglio, i sogni dell’artista. Un nuovo mezzo di espressione, che, forse, permetterà agli artisti del futuro, di dare concretezza, vita materiale ai propri sogni. L’arte ha una specifica funzione nell’agire dell’essere umano e Aristotele ne dà una straordinaria definizione:

Il senso della funzione catartica dell’arte è che attraverso di essa, ove si vivono nelle finzioni quelle passioni che altrimenti tenderebbero ad esprimersi nella realtà, l’uomo trova uno scarico alla propria passionalità che si viene accumulando nel cammino quotidiano.

Patire nella finzione artistica affranca dal patimento reale, la passione vissuta nell’ambiente dell’arte si chiarifica e si calma, rasserenando l’anima.

 

Aristotele partorì tale espressione relativamente alla tragedia greca, ma io penso possa essere estesa a tutte le forme d’arte. Riconoscente al grande filosofo, ora posso spingermi nell’universo delle arti grafiche, territorio esplorato a lungo dall’essere umano, ma ancora vitale e ricco di humus, dal quale possono alimentarsi ancora molti eventi artistici al momento, impensabili. Mi inoltro nella dimensione della fantasia, nel modesto sforzo di comprendere quanto la grafica abbia contribuito alla crescita interiore e non solo, dell’uomo.

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Opera di Enzo Magini – reinterpretazione di originale ponte di Langlois ad Arles di Vincent Va Gogh

Regina delle arti grafiche è la pittura, una tra le più antiche espressioni artistiche del genere umano, ne troviamo meravigliose testimonianze, in varie grotte o caverne del paleolitico, come Altamira in Spagna o Lescaux in Francia, ma ne esistono altre in Argentina, in India, in Somalia. In quei luoghi possiamo ammirare dipinti primitivi, “Naif”, che ci stupiscono per la loro freschezza e modernità, poiché, i loro autori erano probabilmente mossi dalla pura e ancora, inalterata pulsione creativa. L’opera d’arte partorita esclusivamente dalla logica, ottiene l’esatto contrario di ciò che si prefigge il’autore. Annienta l’arte, non la rinnova. I pittori, ma anche gli scultori, e tutti coloro impegnati nel mondo dell’arte a vario titolo, e i loro critici/mecenati/produttori, dalla metà del secolo scorso, si sono dannati l’anima, per trovare una nuova forma espressiva.

Il ruolo dell’artista

Quindi l’artista e il pittore in particolare, ha creduto di poter ottenere la fama, cercando di dare alla sua opera una “particolarità” che la rendesse unica, facilmente distinguibile dalle altre. Questo modo di pensare, a mio parere “scellerato”, ha permesso la nascita di fenomeni incapaci di lasciare traccia nella storia dell’arte. “Meteore”. “Artisti” che si sono piegati alle logiche di mercato, che hanno fatto mercimonio delle loro anime, realizzando sempre un solo soggetto, il loro prodotto, si riduce alla loro firma. Da allora, purtroppo, tranne poche eccezioni, si vendono firme, non opere d’arte.

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Opera di Enzo Magini – reinterpretazione ritratto di Lina Cavalieri

Si investe! Come se un quadro fosse paragonabile ad una azione emessa da una società quotata in borsa. A tal proposito mi piace ricordare, prima di passare ai grandi del passato, Piero Manzoni che nel 1961, sigilla le proprie feci in 90 barattoli di latta ai quali applica un’etichetta che recita: “Merda d’artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta e inscatolata nel maggio 1961.” Ogni barattolo è numerato e autografato dall’artista. Ritengo opportuno credere che l’autore abbia voluto contestare i meccanismi e le incompatibilità del sistema dell’arte contemporanea del tempo. Ma visti i prezzi realizzati e i luoghi dove sono esposte queste sue “opere”, dubito fortemente che vi sia riuscito! Chi vorrà saperne di più, potrà consultare internet, dove troverà un florilegio di “dotte” citazioni, cioè, a mio parere, inutili, tediose, dissertazioni sul nulla.

L’arte si fa!

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Particolare – Opera di Enzo Magini – reinterpretazione di originale Fantin Latour

Cercare di spiegare un’opera, dargli un significato, con effimere parole, più o meno forbite, è espressione d’impotenza, di colui che vorrebbe essere artista, ma non lo sarà mai. Interessante comprendere cosa ne penserebbero di questa prostituzione dell’artista, Vincent Van Gogh, Egon Schiele, Amedeo Modigliani, Jackson Pollock, solo per citarne alcuni, tra le miriadi di pittori che hanno dedicato la loro intera esistenza nel tentativo di dare un senso al sacro fuoco dell’arte, restando essi stessi bruciati, consumati, fino a morirne, dalla fiamma delle passioni. Loro non erano falsamente e ipocritamente eccentrici, loro non si mascheravano da artisti, lo erano! Tuttavia, grazie a Vincent Van Gogh, e a una delle sue lettere inviate al fratello Theo, possiamo farci un’idea dello stato d’animo dell’insuperabile impressionista, in relazione al tema trattato, leggendo alcuni brevi brani della sua ultima lettera.

Gli altri pittori, di qualsiasi opinione siano, si tengono istintivamente lontani dalle discussioni sul commercio attuale”.

“In un momento in cui i rapporti tra negozianti di quadri di artisti morti e di artisti viventi, sono molto tesi.

ebbene: per il mio lavoro rischio ogni giorno la vita, e vi ho perduto metà della mia ragione, va bene, ma tu non sei tra i mercanti d’uomini per quanto sappia io, e puoi assumere una tua posizione, agendo realmente con umanità.

Rapporti tesi tra artisti e mercanti, mercanti d’uomini …. Il solo fatto che Vincent ne parli, fa comprendere che tale questione è sempre esistita, ma che lui come altri suoi simili, non vuole piegarsi a quelle regole stringenti del mercato, vuole essere libero di esprimersi, non schiavo delle smanie dei collezionisti, o del desiderio del commerciante di spingere l’artista nella direzione più proficua per il suo guadagno. Vincent parla di umanità, non di profitto.

Che altro aggiungere?

Per me l’unicità di un’opera, la sua valenza artistica si rivela allo sguardo del semplice osservatore, se c’è, esiste senza artifici, senza l’ausilio di mille parole dell’imbonitore di turno. Chi, ignaro dei processi tecnici e creativi, si sofferma davanti ad un quadro immergendosi nella sua atmosfera, anche per un solo istante, è colui che dà il giusto valore all’opera del pittore, che ne decreta la valenza e il vero successo. Ciascuno, vedrà in quel dipinto ciò che vuole vedere, raccoglierà il frutto della sua sensibilità, si ciberà delle emozioni percepite. Il pittore se ha operato bene, si mostrerà nudo agli occhi dell’osservatore, parte della sua anima è lì, in quel piccolo o grande riquadro fatto di tela. Quel misto di materia, di colori, cela in sé, l’amore, la sofferenza, l’esaltazione, il tremito della creazione.

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Particolare – Opera di Enzo Magini – reinterpretazione di originale Fantin Latour

La pittura tuttavia è un linguaggio, un mezzo per poter esternare delle visioni interiori e nel farlo l’artista deve superare numerosi scogli, celati in un oceano di incertezze. Egli sa da dove sta partendo e immagina un approdo, ma quella cala protettrice è difficile da raggiungere, trovare la quiete, la serenità, estinguendo quel fuoco che lo avvolge, è l’obbiettivo di ogni artefice. Il pensiero tramutato in parole è sempre diverso e lontano dalla sua intenzione originale, così il pittore tenta, per mezzo dei colori, di portare alla luce quel marasma interiore, quella lava in ebollizione che ha già una forma, a lui stesso sconosciuta. Lui non deve fare altro che replicarla, ma sovente non vi riesce. Michelangelo intravedeva nel gelido blocco di marmo, la figura vivente in esso nascosta e riusciva a liberarla della materia in più che la imprigionava. Pochi sono stati in grado di farlo, ed è per questo che non verranno mai dimenticati. Allo stesso modo ogni singola tela bianca darà alla luce un solo soggetto, tra le tante immagini che scorrono incessantemente in essa, solo una sarà effigiata dall’artista, colta in un fuggevole attimo. Poiché è già tutto lì, nell’etereo spazio virtuale, nell’abisso profondo in cui vive l’anima dell’artista che con il patimento delle doglie partorirà, gettando quella nuova forma vitale sulla spiaggia delle realtà effimere di questo nostro mondo materiale.

Il pittore scava nei sogni, alla ricerca di una pietra lucente, pura, non contaminata dagli studi, dalle tecniche, dalle esperienze altrui. Ogni azione creatrice deve trovare la sua strada nella libertà assoluta, quella che in molti scambiano per eccentricità dell’artista, cela in realtà la condizione della solitudine, l’incapacità di dare vita concreta e completa alle proprie spinte emotive. Ogni artista degno di questo appellativo, è cosciente della sua illusoria ricerca. Una ricerca interiore che dura tutta la vita, dal primo scarabocchio infantile, all’opera, definita dai più, come completa, eccezionale. Nulla di più falso, l’opera finita e definita non esiste, perché ogni dipinto è parte di un sogno più alto, irraggiungibile. Un sogno, appunto. Tuttavia, mutare il sogno in realtà, resta il movente dell’artista. Ostinarsi a dipingere, a fare arte, è irrinunciabile, pur essendo consapevoli che non basterà la nostra intera esistenza per cogliere quella scintilla interiore, così ineffabile ma enormemente potente. Ciò che dà gioia, benessere, soddisfazione e al contempo tormento, è il viaggio stesso che intraprendiamo, non la sua conclusione, quale che sia.

Riflessione di

Enzo Magini

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