Privacy Policy D. Hume, Trattato sulla natura umana. Una proposta di traduzione - The Serendipity Periodical
D. Hume, Trattato sulla natura umana. Una proposta di traduzione

D. Hume, Trattato sulla natura umana. Una proposta di traduzione

 

Libro II: Delle Passioni

 

Rara temporum felicitas, ubi sentire, quæ velis; & quæ sentias, dicere licet.

Tacito

 

 

 

Così come tutte le percezioni della mente possono essere suddivise in impressioni ed idee, così le impressioni, a loro volta, ammettono un’ulteriore sottodivisione in originarie e secondarie. Tale suddivisione delle impressioni è simile a quella fatta formalmente in principio, quando le ho distinte in impressioni sensibili e riflessive. Le impressioni originarie, o impressioni sensibili, sorgono quando non si ha nessun’altra percezione antecedente nell’animo, e sono originate, ad esempio, dalla costituzione corporea, dagli impulsi[1] animali o dall’applicazione di oggetti agli organi esterni. Le impressioni secondarie, o riflessive, sono tali in quanto procedono da alcune di queste altre originarie, sia immediatamente sia mediate dall’interposizione di un’idea. Al primo tipo appartengono tutte le impressioni derivanti dai sensi, inclusi tutti i dolori e piaceri del corpo; al secondo appartengono le passioni e le altre emozioni a queste similari.

 

È cosa certa che la mente, nelle sue percezioni, deve iniziare in qualche luogo, e dal momento che le impressioni precedono le idee corrispondenti, allora devono esserci alcune impressioni che senza alcuna mediazione fanno la loro comparsa nell’anima. Poiché queste[2] dipendono da cause fisiche e naturali, la loro analisi mi porterebbe sin troppo lontano dalla materia che voglio trattare, verso cioè le scienze dell’anatomia e della filosofia naturale. Per tale ragione devo limitare le mie speculazioni a quelle impressioni che ho definito secondarie (o riflessive), in quanto queste sorgono a partire o dalle impressioni originarie o dalle idee[3].

 

I dolori ed i piaceri del corpo sono la fonte di molte passioni, se entrambi considerati e ponderati dal punto di vista della mente; tuttavia queste sensazioni sorgono immediatamente nell’animo, o nel corpo, indipendentemente da qualsiasi altro pensiero o percezione. Un attacco di gotta, ad esempio, produce una lunga catena di passioni come dolore, speranza, paura; ma tali reazioni non derivano da nessun’altra affezione o idee precedenti.

 

 

Le impressioni riflessive possono essere di due tipi, cioè calme o turbolente[4]. Appartengono al primo tipo quelle impressioni scaturite dal senso di bellezza e deformità, nella valutazione della composizione degli oggetti esterni. Al secondo, invece, quelle passioni violente provocate dall’amore e dall’odio, dall’afflizione e dalla gioia, dall’orgoglio e dall’umiltà. Questa distinzione, però, è ben lontana dall’essere esatta. Infatti, così come le estasi provocate dalla poesia e dalla musica innalzano, di frequente, l’animo verso alte vette, raggiungendo forte intensità, anche quelle altre impressioni, propriamente denominate passioni, possono presentarsi sotto forma di emozioni più attenuate, quasi impercettibili[5]. Ma poiché, in generale, le passioni turbolente sono più intense di quelle emozioni derivanti da bellezza e deformità, queste impressioni sono state comunemente distinte dalle altre.

 

La natura della mente umana è cosi molteplice e variegata che non posso trarre alcun vantaggio da una tale volgare ed ingannevole classificazione, per cui dovrò procedere con maggiore rigore; e, avendo già detto tutto ciò che ritengo necessario sulla natura delle idee, mi appresterò d’ora innanzi a spiegare le emozioni o passioni turbolente, la loro natura, origine, le cause e gli effetti.

 

Quando si intraprende un’indagine sulle passioni, occorre sovente una suddivisione di queste in dirette ed indirette. Quanto alle passioni dirette, intendo quelle passioni che sorgono immediatamente dal bene o dal male, dal dolore o dal piacere. Quanto alle indirette, le passioni che sorgono certamente dagli stessi principi, ma che prevedono la combinazione di ben altre qualità. Non posso al momento giustificare o meglio spiegare questa distinzione. Posso semplicemente osservare, in generale, che sotto l’etichetta di passioni indirette si raccolgono l’orgoglio, l’umiltà, l’ambizione, la vanità, l’amore, l’odio, l’invidia, la pietà, la malizia, la generosità e le altre a queste correlate. E sotto le passioni dirette si possono raccogliere il desiderio, l’avversione, l’afflizione, la gioia, la speranza, la paura, la disperazione e la sicurezza. Inizierò dalle prime.

 

Dell’orgoglio e dell’umiltà: oggetti e cause

Le passioni denominate orgoglio ed umiltà sono impressioni semplici ed uniformi, e per tale ragione risulta impossibile che si possa sempre dare, attraverso una serie di parole, una definizione univoca di queste così come di qualsiasi altra passione. Il massimo che possiamo pretendere è una descrizione delle stesse, enumerando ad esempio le circostanze in cui si verificano. Senza dubbio, poiché le parole orgoglio ed umiltà sono di uso comune e le impressioni a cui si riferiscono sono tra le più conosciute, chiunque potrà essere in grado, partendo dalla propria esperienza di vita, di farsi un’idea generale di queste, senza incorrere in troppi rischi o errori. Per tali ragioni, senza perdere ulteriore tempo su questioni preliminari, entrerò direttamente nel vivo dell’analisi di tali passioni.

 

È evidente che orgoglio ed umiltà, sebben in modo diametralmente opposto, hanno il medesimo oggetto[6]. Questo oggetto è il Sé, o quella successione di idee ed impressioni ad esso associate di cui abbiamo un’intima memoria e consapevolezza. Sul proprio Sé, dunque, si concentra la nostra attenzione quando siamo dominati da una di queste due passioni. A seconda che l’idea che abbiamo di noi stessi sia più o meno vantaggiosa, sperimentiamo una di queste affezioni opposte, essendo esaltati dall’orgoglio oppure depressi dall’umiltà.

Qualunque siano gli elementi da cui scaturiscono orgoglio ed umiltà, essi sono sempre considerati in relazione a noi stessi: se così non fosse, allora non sarebbero di certo in grado di eccitare simili passioni nel nostro animo, o di produrre il più piccolo incremento o diminuzione delle stesse. Quando il Sé non entra in considerazione, non ci sarà alcun posto per l’orgoglio o l’umiltà. Tuttavia, nonostante questo fascio seriale di impressioni che chiamiamo Io sia sempre l’oggetto specifico di queste due passioni, risulta impossibile che sia anche la loro causa scatenante o che, comunque, sia sufficiente da solo per innescarle.

 

Posto che le due passioni sono assolutamente l’una il contrario dell’altra e che hanno lo stesso oggetto, se fosse davvero questo oggetto anche la causa scatenante, non si potrebbe di certo produrre nessun grado di una passione senza che, al tempo stesso, non si produca allo stesso grado anche quella contraria[7]; in quanto opposti e contrario dello stesso oggetto, le due passioni dovrebbe pertanto annientarsi reciprocamente allo stesso tempo.

 

È impossibile, allora, che un uomo sia al contempo orgoglioso ed umile, e quando si verificano le circostanze favorevoli per queste due passioni, come sovente accade, queste o sorgono alternandosi o, se si incontrano, l’una distrugge l’altra in base alla propria intensità, e quella che persiste, cioè quella più intensa, continua ad avere il suo dominio sullo spirito.

In tale ipotesi, però, nessuna delle due passioni potrebbe davvero divenire la più preponderante, poiché supponendo che sorgano solamente in relazione alla considerazione che abbiamo di noi stessi, poiché il nostro Io in quanto causa sarebbe indifferente alle due passioni, esse allora dovrebbero prodursi nella stessa proporzione; in altre parole, non potrebbe verificarsi né l’una né l’altra. Se viene eccitata una passione e, allo stesso tempo, ne sorge una di intensità analoga ed antagonista, immediatamente viene annientata la prima, quindi lo spirito rimarrebbe perfettamente tranquillo ed indifferente.

 

Dobbiamo, di conseguenza, praticare una distinzione tra la causa e l’oggetto di queste due passioni, tra l’idea che le risveglia e quella a cui si riferiscono dopo che sono sorte. L’orgoglio e l’umiltà, dopo esser stati eccitati, dirigono immediatamente la nostra attenzione verso noi stessi e considerano questo (cioè il Sé) come il loro oggetto ultimo ed il loro fine; è necessario però un ulteriore requisito perché esse si producano nell’animo, qualcosa che è peculiare ad ognuna delle passioni e che non le produce ugualmente nello stesso grado. La prima idea che si presenta dinanzi lo spirito è la causa scatenante, o il principio in grado di produrle. Questa eccita la passione ad essa collegata, e la passione, una volta insorta, dirige la nostra attenzione verso un’altra idea, che è l’idea che abbiamo di noi stessi. Abbiamo a che fare, pertanto, con una passione che si dimena tra due idee, delle quali una la produce e la innesca, mentre l’altra è prodotta da essa. Quindi, la prima idea rappresenta la causa, la seconda l’oggetto della passione.

 

 

Iniziando col prendere in considerazione le cause dell’orgoglio e dell’umiltà, dobbiamo osservare che la più ovvia e notevole delle loro proprietà è proprio la varietà di cose a cui possono riferirsi. Ogni virtù della mente[8], sia l’immaginazione, il giudizio, la memoria, o sia il carattere, la saggezza, il buon senso, la capacità rappresentativa, il valore, la giustizia, l’integrità, può divenire motivo d’orgoglio, mentre i loro contrari dell’umiltà. Ovviamente orgoglio ed umiltà non sono innescate solamente da qualità che riguardano lo spirito, ma anche da quelle che riguardano il corpo. Un uomo, ad esempio, potrà essere orgoglioso della propria bellezza, forza, agilità, del suo bel volto, della sua destrezza nel ballo, nel dialogo, nella scherma, delle sue capacità in qualsiasi questione o settore artigianale; ma questo non è tutto. Le due passioni, andando più a fondo, possono riguardare tutta la classe di oggetti materiali[9] che si riferiscono a noi stessi. La nostra terra, famiglia, figli, le nostre relazioni, le nostre dimore sontuose, i giardini, cavalli, cani, vestiti, tutto ciò può tranquillamente divenire la causa scatenante il nostro orgoglio o la nostra umiltà.

 

Proprio a partire dalla considerazione di queste cause, diventa necessario fare una ennesima distinzione: tra la qualità che agisce e la cosa a cui essa corrisponde. Un uomo potrebbe, ad esempio, essere orgoglioso e fiero di una bella casa che gli appartiene, che ha costruito, oppure semplicemente ideato. In questo caso l’oggetto della passione è sempre lui stesso (il suo Sé), mentre la causa è la bella casa, una causa che si suddivide in due componenti a ben vedere: la qualità che opera sulla passione e la cosa alla quale essa è inerente. La qualità è rappresentata dalla bellezza, la cosa invece è la casa stessa considerata quale proprietà o creazione. Ambedue le componenti sono essenziali e la loro distinzione non è né chimerica né vana. Infatti, la bellezza considerata solamente come tale in sé, senza essere una proprietà di un qualcosa relazionato con il Sé, non è in grado di produrre orgoglio o vanità, così come la minima relazione di un oggetto con il Sé, senza la qualità della bellezza, avrà una vana influenza su questa passione. Posto che questi due fattori sono facilmente individuabili e che c’è bisogno della loro combinazione per produrre detta passione, dobbiamo considerarli con-cause e mantenere ben salda nella nostra mente tale distinzione.

 

 

Nota alla traduzione

In generale si è optato per un accomodamento del linguaggio humiano alla moderna sintassi italiana; laddove l’autore prevede una sintassi secca, disadorna e concisa, tipica dell’empirismo di stampo illuministico, la traduzione ha invece preferito una composizione più articolata del pensiero, quasi parafrasando il testo di modo da renderlo maggiormente comprensibile ed interpretabile. Questa esigenza nasce da due motivi nello specifico: in primo luogo, il testo tradotto rappresenta una semplice sezione interna di un trattato ben più ampio, di cui il lettore non può essere a conoscenza con la semplice lettura di questo brano; secondo, il lessico humiamo è altamente specifico: alcuni lessemi portano con sé (condensati) dei significati molto più ampi che sono stati esplicitati mediante l’impiego di perifrasi. Infine, l’esigenza estetica: le concatenazioni preposizionali sillogistiche del filosofo fanno a meno di congiunzioni causali, coordinanti, avversative ed avverbi in generale, di cui, invece, l’italiano abbisogna per una maggiore fluidità di pensiero.

 

 

traduzione di

Claudio O. Menafra

 

 

 

 

[1] Nell’originale animal spirits; in traduzione si è sciolta l’espressione ‘spirito’ che nel lessico filosofico di Hume indica ogni qualsivoglia mozione dell’animo; l’associazione con l’aggettivo ‘animal’ suggerisce il riferimento agli istinti/impulsi.

[2] Le impressioni originarie (impressions of sensation) dipendono dagli organi sensoriali e dalla loro relazione con l’esterno.

[3] Hume in questo passo definisce chiaramente l’oggetto delle sue ricerche: le passioni e le emozioni umane; all’autore non interessa la meccanica estetica delle percezioni primarie, bensì la loro rielaborazione successiva attraverso le idee e le impressioni secondarie. L’obiettivo dell’itero trattato è quello di introdurre il metodo sperimentale razionale alla materia morale.

[4] Nell’originale violent; il termine italiano scelto (turbolento) mi sembra maggiormente attinente soprattutto in considerazione della sua etimologia.

[5] Il passo in inglese è criptico, da qui l’esigenza di una parafrasi nella traduzione italiana: This division is far from being exact. The raptures of poetry and music frequently rise to the greatest height; while those o- ther impressions, properly called passions, may decay into so soft an emotion, as to become, in a manner, imperceptible; l’autore afferma, in sostanza, che le emozioni ‘calme’ possono diventare alle volte molto intense, così come le emozioni turbolente possiedono diversi gradi di intensità, dal più forte al più attenuato; per questa ragione la distinzione effettuata (tra calme e turbolente) non possiede valore epistemologico, ma è puramente formale.

[6] Qui il termine oggetto va inteso in senso filosofico: un ente fenomenico coerente ed unitario di qualsiasi tipo; in questo caso, il proprio Sé (self).

[7] Se il nostro Io fosse davvero oggetto e causa al contempo delle due passioni, allora le innescherebbe entrambe contemporaneamente, e queste, per la loro natura di contrari, si annullerebbero nell’instante stesso della loro comparsa; due forze uguali e contrarie si annullano, ciò vale anche per i moti dello spirito.

[8] Nell’originale ‘every valuable quality of the mind’; il termine virtù nella resa italiana, oltre ad essere caro alla traditio philosophica occidentale, è in grado di una potente sintesi referenziale.

[9] Nell’originale è assente il termine (materiale) che, in questa sede, ho deciso di aggiungere per evitare confusione con l’oggetto filosofico di cui sopra.

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