Privacy Policy Hugo Pratt creatore del fantasy anni “10: intervista a Stefano Adamo - The Serendipity Periodical

Hugo Pratt creatore del fantasy anni “10: intervista a Stefano Adamo

Stilizzazione e narratologia nella produzione di Hugo Pratt, temi che Stefano Adamo indaga e racconta

Stefano Adamo è docente di cultura italiana e direttore del dipartimento di Studi Italiani presso l’Università di Banja Luka, in Bosnia Erzegovina. I suoi interessi di ricerca si focalizzano sulla cultura italiana contemporanea. In particolare, si occupa delle modalità in cui i meccanismi economici, in un certo periodo storico, entrano in rapporto con la letteratura e le altre arti narrative, quelle fatte di trame e personaggi come, ad esempio, il cinema e il teatro. Da un medium popolare, il fumetto, notoriamente ritenuto un genere letterario di bassa qualità, letto da bambini e ragazzi, può scaturire una riflessione estetica? L’analisi stilistica e narratologica di Stefano Adamo ci aiuta a riscontrare nella produzione fumettistica di Hugo Pratt le coordinate spaziali e temporali, i pattern secondo i quali si modula l’azione nel fumetto, e inoltre il rapporto fra tempo della Storia e tempo della narrazione in cui si collocano i personaggi. Una collocazione non facile da identificare, poiché questi personaggi sembrano essere sempre “a metà strada fra Ferrara e la Luna”, come i nanetti della canzone di Lucio Dalla. Cerchiamo di scoprirne di più intervistando direttamente il relatore, riflettendo soprattutto sullo status del fumetto come genere letterario nella società contemporanea.

Hugo Pratt creatore del fantasy anni “10: intervista a Stefano Adamo
Stefano Adamo, foto di Luigi Maggio

Pur essendo ritenuto un medium popolare, il fumetto oggi non è un genere di larga diffusione. Per esempio, una persona di bassa estrazione sociale, con un livello di istruzione medio bassa, avrà certamente sentito parlare dell’infinito di Leopardi, ma non del fumetto d’autore italiano.

Le istituzioni responsabili della conservazione e trasmissione della cultura tendono a creare un certo canone sul quale ogni Paese fonda la propria identità culturale. Solitamente la letteratura d’evasione, alla quale certamente appartiene anche il fumetto, viene esclusa da questo canone. Però già negli anni “60 intellettuali come Umberto Eco o Roland Barthes si accorgono che le ragioni di questa esclusione sono di natura prettamente sociologica, non estetica. Nel grande magma della letteratura di evasione e di massa, la cui caratteristica principale è la serialità, ci sono delle opere e degli autori che si distinguono dalle altre. E questo oggi è ancora più evidente con l’affermarsi della serie TV come genere di alta qualità. Negli anni “90 il telefilm era un genere di bassa qualità, un prodotto a scopo commerciale e di consumo. Ogni puntata veniva vista e dimenticata nel giro di poco tempo. Oggi invece si producono serie sempre meglio studiate dal punto di vista narrativo, i personaggi sono ben costruiti e inoltre affrontano temi complessi che un tempo sarebbero stati affrontati da generi più alti nella scala gerarchica, come la letteratura o il cinema.

Come si configura il fumetto d’autore italiano in questo contesto?

Hugo Pratt dimostrò, fra gli anni “60 e “70, che il fumetto d’autore poteva differenziarsi dal fumetto commerciale. Il fumetto come genere letterario in Italia si è sviluppato un po’ come la canzone. Da un lato abbiamo la canzone di consumo, che non sopravvive alla stagione estiva, e dall’altro abbiamo la canzone d’autore, con dei testi che in molti casi vengono riconosciuti come poetici. Allo stesso modo, per il fumetto si può distinguere fra i fumetti più “commerciali”, come Tex o Diabolik, che vivono di serialità e i fumetti d’autore, fra i quali rientra certamente Corto Maltese, ma anche molti altri come le storie di Manara, Panienza, Gipi… o la tradizione umoristica di autori come Altan, Staino, oggi anche Makkox e Zerocalcare, e molti altri. Ma anche nel fumetto commerciale dagli anni “80 in poi, per esempio in Dylan Dog, vengono introdotte delle innovazioni di tipo narrativo e figurativo che spingeranno gli studiosi ad occuparsene. Ed ecco che il fumetto non può più essere unicamente relegato allo scaffale della letteratura d’evasione. Difatti Hugo Pratt stesso definisce le sue opere “letteratura disegnata”.

Hugo Pratt creatore del fantasy anni “10: intervista a Stefano Adamo
Alessandro Ruggieri, Stefano Adamo e Marco Steiner, foto di Luigi Maggio

Letteratura, certamente, ma anche cinema. Egli stesso in un’intervista ammette di essere un fumettista per caso: «Se fossi nato a Roma avrei fatto cinema». In che rapporto convivono la letteratura e il cinema nella sua produzione?

Il cinema nel fumetto di Pratt è presente soprattutto nelle inquadrature. Possiamo riscontrare nelle inquadrature, nei primi piani e nella modalità di costruire l’azione un’influenza del cinema di Sergio Leone. La letteratura, poi, vive nell’ opera di Pratt per citazioni implicite ed esplicite, soprattutto la letteratura inglese del XIX secolo.

Citazionismo e pensiamo subito alla categoria di postmoderno

Hugo Pratt rientra in questa categoria, ma la citazione per il lettore degli anni “70 e oltre, fino all’ avvento di Google, era anche uno stimolo continuo alla conoscenza. Quando si trovava citato un autore o un’opera, molte volte si trattava di autori poco noti, e per il lettore più curioso iniziava un processo che andava aldilà della digitazione del nome sulla tastiera dello smartphone. Se si era fortunati, si apriva l’enciclopedia nel salotto e ci si documentava sul personaggio citato, altrimenti poteva anche iniziare un pellegrinaggio nelle biblioteche.

Hugo Pratt creatore del fantasy anni “10: intervista a Stefano Adamo
Stefano Adamo, foto di Luigi Maggio

Quello di Pratt è un citazionismo a scopo didascalico?

No, non lo definirei in questo modo. C’è una dimensione molto ludica, una volontà non edificante. E il personaggio di Corto Maltese è emblematico a questo proposito. Corto Maltese sta sempre dalla parte giusta, ma non sventola nessuna bandiera. Segue il buonsenso, un’etica di base che consiste nel conservare l’empatia umana, nell’essere vicino a chi in quel momento ha bisogno del tuo aiuto. È un pirata che vive fuori dalla legge, un anarchico che non costruisce grandi edifici etici.

Beh, il contesto storico in cui opera Pratt invece è un contesto molto politico. Negli anni “60 e “70 si richiedeva agli autori un impegno civile e politico che avesse un impatto sulla società.

Infatti, Hugo Pratt pagherà caro questa sua mancanza di esplicito impegno politico. La sua produzione per lungo tempo non verrà adeguatamente presa in considerazione a causa del carattere apolitico dei suoi fumetti. L’establishment culturale italiano in quegli anni era politicamente orientato a sinistra e dagli autori ci si aspettavano contributi ben riconoscibili in tal senso. Per un certo periodo, Pratt è stato anche impropriamente strumentalizzato dalla destra, per il suo legame con la massoneria. Ma la sua idea di massoneria era ben diversa dalla massoneria eversiva tipo la P2, alla quale in Italia tendiamo spesso a pensare. Hugo Pratt era un italiano diverso, un italiano che apparteneva al mondo intero. Difficilmente poteva rientrare nelle categorie di desta e sinistra italiane. La sua prima produzione dei racconti brevi di Corto Maltese è edita a Parigi, prima in francese e poi in italiano. Quella di Hugo Pratt è una produzione cosmopolita, potremmo anche dire anti-sovranista. Aggettivi che oggi vanno poco di moda.

Hugo Pratt creatore del fantasy anni “10: intervista a Stefano Adamo
Stefano Adamo, foto di Luigi Maggio

In un certo senso i suoi personaggi sembrano anticipare la generazione Erasmus, che si muove velocemente nel mondo ed entra in contato con varie etnie.

Più che altro sembra anticipare la globalizzazione. All’epoca di Hugo Pratt pochi potevano permettersi di prendere un aereo, perché i costi erano proibitivi. Era un mondo diverso in cui l’autore ci presenta un personaggio situato negli anni “10 che passa velocemente da un continente all’altro con dimestichezza, con un punto di vista che possiamo definire post-coloniale. Un punto di vista demistificante rispetto al colonialismo, perché Corto Maltese vive ancora nell’epoca dell’imperialismo inglese, in un mondo pienamente coloniale. Mette in luce i pregiudizi e quanto questi pregiudizi possano essere ridicoli rispetto alla realtà. È un punto di vista interno. Il mondo dei personaggi non viene visto da lontano come gli imperi vedevano le loro colonie. Al contrario, Corto Maltese guardando il mondo da vicino scopre l’umanità nell’altro. Senza teorizzare troppo. In una famosa scena Corto legge “L’Utopia” di Thomas More, ma alla terza pagina si addormenta. Corto Maltese è attratto dall’immagine di mondi diversi, ma è abbastanza intelligente da capire che un’utopia del XVII secolo diventa una distopia se applicata alla società a lui contemporanea.

Come si configura il rapporto fra mondo reale e mondo della possibilità, utopico-immaginario, nei racconti brevi di Corto Maltese?

Già Umberto Eco aveva riscontrato una serie di anomalie negli elementi di realismo presenti nella Ballata del mare salato, racconto caratterizzato da una toponomastica dettagliata. Dopo varie verifiche lo studioso si accorge che questa toponomastica presentava degli errori, era una realtà alterata dalla fantasia dell’autore. Quindi è come se Hugo Pratt creasse un fantasy che è basato su una realtà storica immaginata. Ecco perché lo si può definire un fantasy degli anni “10. Solitamente il fantasy è un’alterazione della realtà storica medievale, sul cui sfondo si inseriscono azioni di eroi e altri personaggi del regno della fantasia, pensiamo al Signore degli anelli. In Corto Maltese la realtà è sempre presente, cioè la Storia pur essendo fuori scena, interviene e deturpa l’equilibrio in cui vivono i personaggi. Per esempio, un pattern che ricorre spesso è Corto Maltese che cerca un tesoro, ma è costretto ad interrompere la sua ricerca per occuparsi di altro. La realtà è intervenuta e gli ha rovinato i piani. La ricerca del tesoro viene sospesa a causa di problematiche derivanti dalla realtà concreta. Quindi si può riscontrare una sorta di parabola nel programma narrativo di Hugo Pratt. Da una parte c’è una dimensione immaginifica, tipica del romanzo d’avventura, nella quale è proiettato l’eroe e dall’ altra c’è una sospensione di questa dimensione per via dell’intervento di elementi esterni e reali. L’equilibrio iniziale in cui si collocano i personaggi è un ambiente extraurbano, esotico e lontano. Le problematiche che rompono l’equilibrio iniziale vengono spesso da un ambiente urbano, della borghesia del terziario avanzato, da personaggi che rappresentano il potere.

Qual è l’aspetto della produzione di Hugo Pratt che più colpisce lo studioso?

Personalmente ciò che più mi ha colpito è la trasformazione continua della realtà in cui si muovono i personaggi. Uno schema che ricorre spesso è quello secondo il quale un personaggio che viene da tutti considerato un eroe alla fine dell’azione si rivela come un truffatore. Il mondo di Corto Maltese è un mondo che alla fine di ogni albo, di ogni storia, si rivela sempre diverso da come appare all’inizio. Trovo davvero che questa sia una delle cose più affascinanti di Corto Maltese.

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