Privacy Policy Frankenstein e il rifiuto del diverso - The Serendipity Periodical
Frankenstein e il rifiuto del diverso Frankenstein di Mary Shelley

Frankenstein e il rifiuto del diverso

Frankenstein di Mary Shelley, pubblicato nel 1818, è la storia di un figlio che cerca l’accettazione del padre. Un figlio rifiutato e gettato via perchè non “uscito come le aspettative avrebbero voluto”. È la storia commovente di una creatura rifiutata per il suo aspetto esteriore alla quale non viene data nessuna possibilità di riscatto. Nessuno guarderà oltre quel guscio fatto di tendini e parti di cadavere spaiate. Nessuno si preoccuperà di apprezzare la Creatura per il suo carattere e la sua bontà o semplicemente per ciò che è. È la storia di una diversità esteriore che non verrà accettata e che trascinerà il protagonista in un baratro di solitudine senza via di scampo e speranza di redenzione. Una diversità rifiutata che genererà cattiveria, sete di vendetta e di riscatto. È la storia di una seconda possibilità mancata, o forse di una prima possibilità mai data.

Il rifiuto e l’odio ingiustificati del padre portano il Mostro, verso lo smarrimento

Nel passo che segue, si noti come, come dopo l’eccitazione iniziale per essere riuscito nell’impresa, il Dottor Frankenstein da subito si renda conto dell’errore da lui commesso e rinnega immediatamente la creatura da lui creata. Inconcepibile è la giustificazione che dà a difesa del suo rifiuto: ciò che lo fa tentennare e lo ripugna è l’aspetto fisico della Creatura. Il Mostro. È così che lo chiamerà. Ecco quindi che il padre non gli darà un nome. Il Mostro è rinnegato, e privandolo di un nome, il dottore lo priva anche di una identità vera e propria. Sembra quasi che non nominandolo egli non esista. Dopo averlo creato, lo annulla. Lo nega in quanto essere. E fino alla fine del romanzo egli sarà il Mostro. Creatura ripugnante che il dottore stesso ha deciso di creare a quel modo, con tessuti molli, cartilagini e nervi ancora pulsanti, ma che si rifiuta di accettare.

“L’avevo desiderato con un ardore più che smodato; ma ora che avevo finito, la bellezza del sogno era svanita, e l’orrore e un disgusto da togliere il fiato mi riempivano il cuore. Incapace di sopportare la vista dell’essere che avevo creato, mi precipitai fuori dal laboratorio […]”

Il Laboratorio del Dottor Frankenstein

Il Mostro tenta di inserirsi nella società, ma non ha una guida

Nonostante il primo rifiuto del padre, la Creatura, che è d’animo buono, ingenuamente crede di potersi guadagnare la fiducia d’altri con bontà e altruismo. Così inizia ad aiutare di nascosto una famiglia povera, senza secondi fini e senza chiedere nulla in cambio. Il Mostro vuole disperatamente sentirsi parte di un focolare, e così facendo si illude di poter essere felice. Ahimè, però si sbaglia. Inizia a pensare alla famiglia che, incosapevolmente lo ospita, come i suoi primi veri amici. Questa aspettativa però, è destinata ad essere delusa. Quando egli rivelerà il suo aspetto verrà scacciato via con violenza: Orrore! Paura! Così, deluso e affranto, il Mostro fugge per ritrovarsi di nuovo solo e abbandonato. È un’anima gentile che viene discriminata sia dalla società che dal suo stesso creatore, e sarà così destinata all’isolamento.

“[…] da quel momento io dichiarai guerra eterna alla specie umana e soprattutto a colui che mi aveva formato e destinato a questa insopportabile infelicità

Per la Creatura, questo secondo rifiuto è troppo. Soprattutto dopo aver dimostrato altruismo e buona volontà. Non crede più negli esseri umani, ormai la sua personalità gentile è obliata dalla società che, con i suoi comportamenti prevenuti e discriminanti, ha creato un Mostro.

“Ovunque vedo beatitudine dalla quale io solo sono irrevocabilmente escluso. Io ero benevolo e buono; l’infelicità ha fatto di me un demonio“.

Rifiuto ed orrore per la diversità

Il passo precedente sancisce il punto di svolta del romanzo. Da questo momento in poi, il rifiuto e l’orrore per la sua diversità si trasformeranno in malvagità e spietatezza. L’ ennesima delusione emotiva spinge il Mostro a provare rabbia e sete di vendetta. Si sta trasformando lentamente nella bestia che tutti hanno pensato che fosse. Ecco quindi che il disprezzo degli altri, come veleno, si instilla nella mente di chi lo riceve creando un trauma che modificherà il suo carattere e la sua indole irrimediabilmente. Questo trauma e la consapevolezza della sofferenza che si troverà innanzi, spingerà la Creatura ad un gesto estremo. Il Mostro si darà la morte nell’estremità del polo dandosi fuoco, in modo che nessuno possa capire dai suoi resti come creare un altro essere come lui. E soprattutto perchè non è giusto che qualcun’altro possa rivivere le atroci sofferenze che lui è stato costretto a patire. In conclusione, Frankenstein, come romanzo, vuole mostrare come la dolcezza di un essere possa trasformarsi in spietatezza a causa del rifiuto e del disprezzo. E nonostante le cattive azioni e nefandezze del Mostro, non si riesce a provare odio per lui, piuttosto la sua sofferenza ci provoca un senso di pietà, tenerezza ed empatia.

Bibliografia
  • Shelley, Mary, Frankenstein, La Biblioteca di Repubblica, 2004
  • Billi, Mirella, a cura di, Il gotico inglese. Il romanzo del terrore: 1764 -1820, Il Mulino, 1986

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