Privacy Policy “Cagna” di Louise Chennevière, Giulio Perrone Editore – Recensione - The Serendipity Periodical
“Cagna” di Louise Chennevière, Giulio Perrone Editore – Recensione

“Cagna” di Louise Chennevière, Giulio Perrone Editore – Recensione

Cagna di Louise Chennevière: il dovere di raccontare

Louise Chennèviere, classe 1994, residente a Parigi, è la giovane autrice di “Cagna”, romanzo edito Giulio Perrone. La giovane scrittrice entra definitivamente nel mondo della letteratura grazie alla pubblicazione appunta alla pubblicazione in lingua francese Comme la chienne(P.O.L. Èditeur, 2019) che in Italia viene proposto nella versione nota: Cagna di Giulio Perrone Editore, un testo tradotto da Francesco Leto e terminato di stampare ad ottobre 2020.

“Cagna” di Louise Chennevière, Giulio Perrone Editore – Recensione
Cagna di Louise Chennevière, Giulio Perrone editore

Te ne stai zitta. Da troppo tempo te ne stai zitta. Nella frenesia della città, nella resa dei secoli, nella tua piccola stanza, te ne stai zitta. Eppure vorresti avere soltanto il coraggio di dire le cose, per come sono. Che vigliacca, che abissale distanza tra ciò che avresti voluto dire e ciò che vivi. Avviluppata nella tua esistenza, prigioniera del tuo corpo, proprio tu che avresti così tanto voluto un’esistenza eroica. E raccontare la grandezza del mondo.

 

Cagna di Louise Chennèviere

Cagna, anatomia di un romanzo

Il termine “Cagna” estratto dalla definizione offerta dal Vocabolario Treccani cita: “cagna” = b. spreg. Donna di facili costumi, donnaccia, o cattiva, rabbiosa; figlio di c. o d’una c., mascalzone (è espressione di spregio analogo a figlio d’un cane). Cagna è un titolo arguto che rappresenta un manifesto, un romanzo che merita di essere letto almeno una volta nella vita. Una denuncia vera e propria nei confronti delle istituzioni; una raccolta di cronache di grande potenza sociale e psicologica. L’autrice denuncia maltrattamenti e soprusi di cui troppo spesso sono vittime le donne. La copertina bianca leggermente ruvida, graffiata con guizzi rossi disordinatamente cosparsi sia nel fronte che nel retro del libro e con al centro l’etichetta rossa con scritto in bianco Cagna colpisce immediatamente l’occhio del lettore. Il richiamo simbolico di questa copertina apparentemente vuota, priva di disegni o rappresentazioni e l’utilizzo del rosso, colore della passione, dell’amore, del sangue conferiscono al libro una grande tridimensionalità di pensiero.

Cagna, Parigi e i suoi sobborghi notturni 

Un libro ambientato nei sobborghi notturni di una Parigi distaccata dalla realtà di tutti i giorni. I racconti scritti in questo libro approfondiscono l’anatomia e le nude forme del pensiero femminile nelle sue più ampie declinazioni. Un linguaggio sempre più crudo e sempre più iracondo nei confronti dell’indifferenza sociale rimasta a guardare l’imbastardito maschilismo. L’autrice, attraverso le sofferenze e i piaceri delle sue protagoniste, permette al lettore di vivere esperienze di tutti i giorni percependole con gli occhi delle numerose protagoniste entraando in vite completamente diverse tra loro per ceto sociale e vissuto. Una realtà su cui bisognerebbe riflettere per dover eliminare queste barriere volute dalle false ideologie sociali. Le varie avventure descritte fra le pagine di questo romanzo sono esposte dalle protagoniste sottolineate da una scelta accurata di parole conformanti un linguaggio in grado di adattarsi ad ogni racconto, suscitando gradi di emozioni alternative.

Louise Chennevière e le sue protagoniste

“Cagna” di Louise Chennevière, Giulio Perrone Editore – Recensione
Louise Chennevière, credits to ilmanifesto.it

I racconti sono narrati da singolari voci femminili, diverse l’una dall’altra. Senza creare disordine, l’autrice riesce a sovrapporle, dando vita a racconti molto espansivi. Così facendo, grazie soprattutto a un linguaggio ben calibrato, il lettore può entrare in contatto con la realtà delle varie vicende narrate e vestire i panni delle protagoniste, sia psicologicamente sia fisicamente. Le storie narrate provengono da background diversi: ci sono giovani influencer che scelgono di mettere da parte la loro essenza, la loro identità distruggendo la propria autostima per vestire i panni di una spasmodica apparenza che mira a ricercare il consenso altrui.

Se ne stava tutto il tempo in camera e non alzava gli occhi dallo schermo e dai like

Giovani donne abusate dai loro padri o dai loro compagni, condannate a compiere delle scelte determinanti, non volute, mai immaginate per le sorti della loro vita in quanto si sono fidate di persone laide, finte, dominate dalla malvagità. Donne spinte, per non soffrire, ancor di più a compiere atti estremi dovuti alla disperazione.

Nessuno di quegli sguardi, di quegli insulti che masticavano sottovoce o mi sputavano addosso, nessuno di quei colpi bassi è riuscito a ferirmi. Piuttosto mi hanno confortato e, nella mia aura di troia, nella mia infamia mi sento bella e forte.

Cagna è un romanzo improntato a sviare il confine ristretto del pensiero generale. Tenta cioè di distruggere i muri eretti dalla società, per spaziare verso nuovi orizzonti privi di distanze sociale attuate dal colosso dell’ignoranza universale verso la ricerca dell’uguaglianza e parità di genere.

Un libro da leggere

Una mano sulla coscienza. Uno sguardo verso l’arretratezza sempre più scolpita nel corso del XXI secolo. Per avallare quanto affermato dall’autrice, sostenendo così il tentativo di agire per riuscire a fare dei passi avanti, è interessante riportare alcuni dati estratti da ricerche avvenute fra il 2017 e il 2019, anno quest’ultimo in cui è stato pubblicato il libro in lingua originale. Per l’appunto si è rintracciato che “Nel triennio 2017-2019, secondo le risultanze dell’analisi condotta dal Ministero della Salute e dall’Istat sugli accessi in Pronto soccorso – studi rilevati dal Sistema informativo per il monitoraggio dell’assistenza in Emergenza-Urgenza, è emerso che una donna che ha subito violenza torna in media 5/6 volte in Pronto Soccorso. Analizzando i dati per fascia di età, il 57% degli accessi è di donne che hanno tra 18 e 44 anni, il 24,4% hanno tra 45 e 64 anni, le minorenni costituiscono il 14,3% del totale e le donne con più di 64 anni sono il 4,3%.” Dati aberranti che danno molto su cui riflettere.

Io galleggio”, una delle espressioni più comuni tra le donne per indicare quello strano torpore di certi giorni, la sensazione di essere inconsistente, di non esistere.

 

Annie Ernaux, La femme gelée

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati

Inizia a scrivere il termine ricerca qua sopra e premi invio per iniziare la ricerca. Premi ESC per annullare.

Torna in alto